aleablog

giovedì 1 dicembre 2016

Il mio nuovo paper sulla riforma del Fondo centrale di garanzia

Non ho aggiornato il blog nelle ultime settimane perché ero preso dalla stesura di un nuovo paper sul Fondo centrale di garanzia. Il prodotto è piuttosto corposo e lo potete leggere o scaricare qui. Due sollecitazioni mi hanno spinto a scrivere:

L'abstract vi dà un'idea di quello di cui parla il paper:

Fin dallo scoppio della crisi finanziaria globale nel 2008, il Fondo centrale di garanzia (FCG) ha rappresentato in Italia la principale misura governativa contro il razionamento del credito alle PMI. La garanzia FCG trasferisce sullo Stato fino all'80% del rischio delle esposizioni coperte, azzerandone l'assorbimento di capitale a fini di vigilanza. Negli anni recenti sono emerse delle criticità nel funzionamento del FCG, come l'uso indiscriminato per _capital saving_, lo spiazzamento della controgaranzia (utilizzata dai confidi) rispetto alla garanzia diretta (veicolata dalle banche), il meccanicismo dei criteri di scoring creditizio, nonché la crescita (prevedibile) delle richieste di escussione su crediti deteriorati. Per rispondere ai problemi emersi, i Ministeri competenti hanno elaborato delle ipotesi di riforma.
Questo paper si inserisce nel dibattito sulla riforma del FCG con due principali obiettivi: (1) analizzare i dati sull'operatività del FCG pubblicati dal Gestore al fine di identificare i cambiamenti della sua missione nel periodo post-crisi; (2) valutare come le ipotesi di riforma attualmente allo studio riconfigurano la missione del FCG, e se lo fanno in maniera adeguata rispetto alle criticità emerse e alle mutate esigenze delle PMI beneficiarie.
Dalle evidenze emerse, si conclude che al Fondo continua a essere richiesto un sostegno straordinario a favore del sistema bancario. In questo contesto, si consiglia di separare gli interventi a favore dei confidi in una gestione distinta, destinata alle microimprese, nella quale incentivare buone pratiche di selezione del rischio e di accompagnamento delle scelte finanziarie delle imprese.
Si tratta di una versione preliminare. Aspetto i vostri commenti per arrivare in gennaio a pubblicare una versione più affinata nella collana del nostro Dipartimento. Stampa questo post

6 commenti:

Enrico ha detto...

Commento flash solo leggendo l'abstract. Perché, per i confidi, una "...gestione distinta, destinata alle microimprese..." ? E tutti quei confidi che operano per o con aziende, di vario genere, ma con addetti in numero superiore alle microimprese, cosa fanno ?

Luca Erzegovesi ha detto...

La mia ipotesi riguarda l'operatività in cui avrebbe senso una gestione riservata ai confidi. Il limite può essere definito sulle dimensioni dell'impresa o sull'importo del finanziamento. Per le pratiche di importo superiore, i confidi lavorano sulla gestione "ordinaria" del Fondo in concorrenza con la garanzia diretta.
Purtroppo è l'operatività di maggior importo quella che crea i maggiori problemi al modello di intermediazione dei confidi.
Quello che dico è di tenere separata quella di piccolo importo, con risorse specifiche, per evitare che sia compressa dall'altra, alla quale continueranno ad andare le risorse maggiori, seppur assorbite in maggior parte dalla garanzia diretta.
Il tema è tutt'altro che semplice. I recenti progetti di fusione vanno nella direzione di confidi intersettoriali (vedi Confidi Systema! in Lombardia, Confidi Trentino Imprese, l'aggregazione tra Unifidi e Fidindustria in Emilia Romagna). A rischio di semplificare, dico che in quei progetti i confidi small business erano messi in condizioni migliori di quelli industriali, in termini di capitalizzazione e incidenza dei NPL, anche se il Pubblico ha dato un contributo decisivo al decollo dei progetti. Adesso si tratta di capire come funzioneranno quei maxi-confidi. Penso che la coabitazione funzionerà se si terrà basso l'importo medio unitario delle posizioni. La componente industriale non può pensare di portare la stessa granularità delle pratiche che li ha messi in difficoltà per la concentrazione di rischio eccessiva.
Dal punto di vista tecnico, il rischio di concentrazione non si contiene mettendo assieme pratiche micro e medie, l'eterogeneità di composizione è il fattore di rischio.

Enrico ha detto...

Analisi perfetta e condivisibilissima. Non avevo capito la 'doppia via', che ora invece è chiara. Avevo invece capito una 'via unica e ridimensionata' e allora mi chiedevo: dove intende mettere il resto ?
P.S. ...l'intersettorialita' perseguita dalle fusioni citate è stata un po' drogata dalle iniezioni di fondi pubblici regionali (come dire ...o magni 'sta minestra o salti ...e basta). Però lei ha ragione e non penso che i c.d. industriali ripeteranno di nuovo lo stesso errore di valutazione strategica.
È però, allo stesso tempo, mi chiedo: a chi si rivolgeranno le medie imprese con necessità di linee di credito di importo un po' più consistente, tipo 200-500 mila euro ? Soluzione (rimanendo nei nostri confini, dato che non è l'unica possibile): co-garanzia indiretta in via sistematica ? 😉

Luca Erzegovesi ha detto...

Per le imprese con fabbisogni di diverse centinaia di migliaia di euro, difficile fare concorrenza alla garanzia diretta, è un'attività su cui il confidi è debole nella selezione e nella diversificazione del rischio. Sul mercato mi pare che qui si opti per forme di tranched cover, al fine di limitare il rischio del garante (e dei soggetti pubblici che le alimentano). In effetti dai dati sulle garanzie di portafoglio appoggiate sul Fondo centrale si rileva la preminenza delle pratiche tra 125 e 500 mila euro di garantito.
Questo segmento di clientela (forse) può essere interessato a ricevere una consulenza più intensa e qualificata, e a pagarla.
La scelta disastrosa, da non ripetere, è prendere questi rischi perché "altrimenti che cosa ci stanno a fare i confidi?".
Sicuramente non ci stanno per andare incontro a un sicuro fallimento, facendone pagare una buona parte ai soci sani.

Anonimo ha detto...

Se posso dire la mia, dopo confronti personali con i vertici sia del ministero dell'Economia che con quelli di Bankit, la volontà nel ml periodo è quello di favorire l'accesso al Mediocredito soprattutto per gli istituti di credito che erogano liquidità, sfavorendo il mondo Confidi puro, che verrà quindi costretto ad entrare energicamente nell'erogazione diretta del credito. La Bce non vede di buon occhio la frammentazione italiana dei Confidi ma vorrebbe 4-5 operatori forti che siano solidi nel sistema. Operatori infine dotati autonomamente di strutture di consulenza a 360 gradi e sistemi informativi proprietari. Nei prossimi mesi sarà convocato un incontro con le diverse anime del mondo Confidi e non per chiarire la volontà politica e non solo, del futuro dell'ex mondo "Confidi".
Grazie professore per ogni suo intervento nel blog.

Luca Erzegovesi ha detto...

Grazie a lei. Sapere che la Bce si interessa dei confidi mi sorprende, pensavo che fossero l'ultimo dei suoi pensieri.
Sul paper ha qualche commento?