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mercoledì 25 novembre 2015

Legge di stabilità 2016: dietro i 5,4 miliardi stanziati, le grandi questioni sul futuro delle garanzie statali

Ieri è uscito sul Sole 24 ore questo articolo a firma di Marco Rogari che commenta, tra altre cose, le novità della Legge di stabilità 2016 in materia di garanzia. Lo riprendo perché interpreta quello che nella Legge di stabilità era già scritto nel Ddl del Governo, quello che si voleva aggiungere, ma non è passato, e anche quello che non c'è scritto. Stralcio dall'articolo i passaggi che ci interessano, e lo divido in punti numerati per agevolare il commento (il testo evidenziato è mio):

Il Fondo centrale di garanzia torna al centro di grandi manovre, con novità che partiranno nel 2016, e non è escluso che, dopo la mancata approvazione di una serie di emendamenti al Senato, il tema torni anche nella discussione sulla legge di stabilità che si apre oggi alla Camera con riflettori puntati su quattro grandi capitoli: Sud e imprese, sicurezza, province, pensioni. 

  1. Per il Fondo di garanzia che copre i finanziamenti alle Pmi, come rilevato anche dal dossier del servizio Bilancio del Senato, potrebbe servire un chiarimento sulle risorse. Secondo le ultime ricognizioni degli operatori, i 700 milioni già stanziati per il 2016 non sarebbero sufficienti alla luce della crescita dei finanziamenti garantiti  che potrebbero toccare alla fine del prossimo anno 16 miliardi. 
  2. Il disegno di legge stabilità ha alimentato una sorta di fondo unico per le garanzie dello Stato, con 1,5 miliardi per ciascuno degli anni 2016 e 2017 e con 1,7 miliardi per il 2018, ma senza assegnare una quota precisa al Fondo Pmi. I tecnici del Senato hanno annotato in proposito la mancanza di una «dettagliata illustrazione» di ciascuna garanzia statale che la norma va a finanziare. 
  3. Alla base della scelta di governo ci sarebbero le nuove regole Eurostat sulla contabilizzazione delle garanzie ai fini dell’indebitamento netto, con possibili riflessi anche sulle soglie di accantonamento di capitale. 
  4. Ma, al di là degli aspetti strettamente tecnici, senza un rapida ripartizione il rischio potrebbe essere quello di ritrovarsi con un fondo non attrezzato di fronte ai ai nuovi compiti. Dal 1° gennaio 2016, ad esempio, limitatamente ai portafogli di finanziamenti, il Fondo coprirà anche operazioni che banche e Confidi siglano con le cosiddette mid cap (fino a 499 dipendenti) e non solo con le micro e piccole e medie imprese. 

Ed ecco i miei commenti.

Le grandi manovre di cui parla la frase introduttiva sono in corso da tempo, direi che la svolta è avvenuta a inizio 2014 con gli interventi di Luigi Abete e Roberto Nicastro a favore di un Maxi-fondo Pmi 2.0. Da allora ha preso forza l'utilizzo da parte delle banche in garanzia diretta, che per alcune è diventata prassi di default per le imprese che passano lo scoring del Fondo in Fascia 1. Il mondo bancario (non soltanto i gruppi maggiori) chiede allo Stato a gran voce di sopperire con la propria garanzia a prezzo politico all'alto costo del rischio (per perdite attese e assorbimento di capitale) dei finanziamenti alle Pmi. In parallelo, sono partiti nuovi programmi che direttamente o indirettamente pescano sulle risorse del fondo per finalità che esorbitano dalla sua mission originaria. Altre nuove idee sono apparse nel rapporto della task force coordinata da Stefano Firpo (MiSE) e Fabrizio Pagani (MEF), dove si auspica un Fondo che diversifichi la sua attività verso nuovi canali di finanziamento e sia più selettivo negli interventi tradizionali.

Vediamo in concreto punto per punto che cosa è uscito di nuovo e di concreto:

  1. la Legge di stabilità stanzia 704 milioni di euro per il 2016 (ecco la scansione dell'Allegato 2, tabella E che lo documenta); sono pochi? Sì, secondo gli ispiratori dell'articolo. Non ne sono sicuro, perché la dotazione residua a fine 2015 pare capiente,  i rientri di pratiche in scadenza consentono di liberare fondi rischi, e per fortuna sono in calo i pagamenti per escussioni perché (come detto sopra) l'uso generalizzato del Fondo per sfruttare la ponderazione zero ha fatto arrivare pratiche di qualità media migliore rispetto al passato; i 704 milioni dovrebbero quindi essere più che sufficienti per sostenere una crescita degli stock  in linea con quella (già sostenuta) del 2015; potrebbero non bastare se saltasse fuori qualche grosso scheletro dall'armadio, oppure se ci fosse una crescita più vigorosa sospinta dall'allargamento della mission del Fondo;
  2. è vero, al punto 499 del Ddl approvato dal Senato e trasmesso alla Camera c'è un robusto stanziamento di 4,7 miliardi tra il 2016 e il 2018 genericamente destinati ai programmi di garanzia statale. In una stesura pre-parlamentare c'erano cifre ancora più grosse, 7 miliardi destinati alla cessione pro soluto di crediti verso la PA (lette all'art. 72 di questa bozza di Ddl, mi avevano fatto prendere un colpo come confessavo qui). Alla fine l'operazione "più fieno in cascina" è passata. L'articolo del Sole 24 ore lamenta la genericità di questo stanziamento, citando i rilievi del servizio studi del Senato contenuti in questa nota;
  3. perché i Ministeri competenti hanno ispirato la creazione di questo fondo contenitore gestito con un'apposita contabilità separata? L'articolo lascia intendere la presenza di problemi con le regole Eurostat che misurano il debito e il deficit dello Stato: ho indotto che in caso di allocazione dei 4,7 miliardi al Fondo Pmi (secondo questa interpretazione), c'era il rischio che Bruxelles li computasse come maggior debito e/o maggior deficit. Perché, vi chiederete. Non so rispondervi, perché [come mi ha ben chiarito Marinella Cosco dell'ISTAT, che ringrazio] i programmi come il Fondo Pmi sono forme di standardised guarantee dello Stato, e come tali ai sensi del Manuale Eurostat, par. VII.4.4, hanno un impatto sul debito pari agli accantonamenti per escussioni attese, e un effetto sul deficit pari a tali perdite attese ridotte della parte dei premi incassati portati a fondo rischi. Quindi i 4,7 miliardi avrebbero alimentato il debito quando il Gestore del Fondo vi avesse attinto per accantonare a fronte di nuove erogazioni. O forse uno stanziamento così massiccio poteva essere letto come il segnale di perdite latenti superiori a quelle accantonate? Questa è dietrologia e, per quanto detto sopra, infondata. Diciamo che la creazione del serbatoio è imposta dall'esistenza di programmi che non sono del Fondo, ma pescano sulle sue dotazioni. Con questa riserva non etichettata si potranno dirigere le risorse sui programmi che più ne hanno bisogno. E' il concetto di Sistema nazionale di garanzia illustrato da Silvio D'Amico (MEF) in questo intervento alla recente Convention Fedart.
  4. A qualcuno non piace che al Fondo sia stata negata una dote pluriennale tutta per lui, tenuto conto dell'allargamento del suo raggio d'azione alle imprese midcap fino a 499 dipendenti; è stata la Legge di stabilità 2015 a introdurre un anno fa tale allargamento per rendere attuabile un programma congiunto con la BEI per i grandi progetti di ricerca e sviluppo, che prevedeva la garanzia dello Stato su risorse del Fondo (qui la mia ricostruzione di allora). Si tratta di una norma nata da un "pretesto" specifico, ma probabilmente qualcuno la vede come una breccia da allargare per far passare sul Fondo Pmi pratiche di imprese non Pmi in via generalizzata,e per importi massimi crescenti (un emendamento bocciato in Senato chiedeva di portare a 5 milioni di euro il tetto garantito dallo Stato su emissioni di minibond).
Mi fermo qui. Come vedete operano diversi impulsi al cambiamento, di origine varia. Gli attori sono tanti, e fanno fatica a mettersi d'accordo su un progetto di cambiamento. Dagli interessi divergenti arrivano spinte e controspinte. Il dibattito rischia di ridursi alla contesa tra intermediari che pensano soltanto a lavorare in tranquillità con la copertura del Fondo. Sappiamo già chi vince e chi perde in questa contesa.
Ahimè, questo non basta in un panorama del credito alle imprese sempre più desolante (leggete questo post di Fabio Bolognini e i due precedenti per qualche evidenza). Un mercato spaccato in due, sorretto dalla raccolta low cost presso la BCE e dalle garanzie statali. Dove si applicano prezzi discriminatori e fuori da ogni logica di sostenibilità oltre il breve termine. Dove nessun intermediario riesce a farsi remunerare per il rischio e una gestione della relazione di buona qualità.
In questo marasma (pensate soltanto quanto è stato complicato ricostruire quanto detto sopra), ci sarà qualcuno così folle, santamente folle, da illuminarlo con il senso di responsabilità, il coraggio di guardare con realismo all'oggi, e con speranza al domani?
Chi non è disposto a rassegnarsi, si faccia vedere, e sentire.
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