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mercoledì 27 maggio 2015

Fondo di rafforzamento da 225 milioni ex legge stabilità 2014: quando e come arriveranno ai confidi?

Prendendo spunto da una nota di aggiornamento sull'ultima newsletter Fedart Fidi, torno su un tema che sta molto a cuore ai confidi: l'attuazione del fondo di rafforzamento da 225 milioni istituito dalla Legge di stabilità 2014. Non ho letto nessuna bozza di decreto: ho soltanto raccolto delle informazioni da persone che seguono la vicenda.
La storia dei due interventi a sostegno dei confidi del dicembre 2013 la trovate in questo post. Qui parliamo del fondo alimentato dalle risorse del Fondo centrale di garanzia per le PMI (FCG). Dell'altro intervento, quello alimentato dal sistema camerale, ho riferito pochi giorni fa.

Ricordo che l'idea è nata per rafforzare il capitale (a) dei confidi vigilati (individuati in quelli iscritti al nuovo Albo 106). Nel dibattito parlamentare, si è poi esteso il perimetro: (b) ai confidi aggregandi in strutture con un volume superiore a 150 milioni di euro; (c) ai confidi aderenti a contratti di rete con con un volume complessivo di garanzie superiore sempre a 150 milioni.
La Legge di stabilità immaginava una forma di apporto al patrimonio dei confidi diversa dagli aiuti di Stato consueti, tant'è che nel testo si prevedeva, in ogni caso, la notifica del provvedimento alla Commissione europea. 
Lungo il cammino, anche per evitare blocchi da Bruxelles, si è preferito abbandonare la via nuova dei contributi al rafforzamento patrimoniale per battere la strada vecchia del contributo ai fondi rischi (sì, proprio quella percorsa da anni in molte misure delle Regioni e delle Camere di commercio). Quindi i 225 milioni sarebbero distribuiti ai confidi per costituire dei fondi rischi dedicati alla concessione di garanzie, presumibilmente in regime de minimis. Il MiSe avrebbe proposto di escludere le garanzie a fronte di questi fondi dalla controgaranzia del Fondo centrale, per evitare la sovrapposizione tra due aiuti. Un'altra ragione di questa esclusione dal FCG sta probabilmente nell'intento di sostenere l'operatività dei confidi su pratiche respinte dai criteri di scoring MCC.
In assenza di controgaranzie, però, la garanzia semplice su fondi rischi non sarebbe più efficace ai fini di Basilea, come ben sappiamo. Per avere the best of both worlds si potrebbe (penso io) ammettere le operazioni al FCG limitando l'uso del fondo rischi alla parte non controgarantita, avendo cura di non sforare con i due aiuti affiancati la quota massima di copertura statale dell'80%, per evitare l'obbligo di notifica ad hoc alla Commissione (e per non deresponsabilizzare i garanti).

Ora vi domanderete (come mi sono chiesto io) se questo fondo rischi potrà diventare patrimonio, e in che modo? Nell'immediato non lo può diventare, trattandosi di fondo rischi specificamente imputato a un sub-portafoglio di esposizioni. Se però queste ultime giungono a scadenza e avanza qualcosa dalle escussioni, allora (sempre che il MiSE non ne reclami la restituzione, vedi sotto), il residuo rimarrebbe ai confidi che poi lo potrebbero girare a riserva di patrimonio, come ripetutamente abbiamo visto fare da lungo tempo (finanziarie per il 2007 e per il 2008, con replica in anni seguenti). Se poi il confidi lo vuole destinare ad altro, ad esempio alla copertura di perdite maturate su altri portafogli, sarebbe libero di farlo.

Che garanzie potranno essere erogate con i fondi attinti ai 225 milioni della Legge di stabilità? Visto che i beneficiari sono molto diversificati, e comprendono anche piccoli confidi non vigilati uniti in rete, immagino che si adotteranno forme tradizionali di garanzia individuale, a prima richiesta oppure no. Non escludo che il MiSE ammetta anche forme di tranched cover. Saranno ammesse anche le posizioni già in essere? Non lo so, ma non lo escludo.

Il grosso dei finanziamenti sviluppati con i nuovi fondi dovrebbe essere di durata breve. Perché? Perché già ora i confidi, pressati dalla carenza di patrimonio, faticano ad assumere rischi a medio-lungo sui quali la concorrenza della garanzia diretta su FCG è schiacciante (come mostravo qui). E poi con la breve durata si arriva prima a rendicontare e a svincolare. In proposito, il decreto attuativo potrebbe disporre che al termine dell'intervento (dopo qualche anno) i Confidi restituiscano allo Stato le risorse non impegnate a titolo di garanzia o non utilizzate a copertura delle perdite. Certo, certo. Ma come nei frigoriferi degli appartamenti degli universitari fuori sede, se avanza del cibo etichettato a nome di Tizio, quest'ultimo può dire a Caio e Sempronio (telefonando dalla sua villa sul lago con tono magnanimo) che non lo mangia più, possono goderselo loro (i quali tirano un sospiro di sollievo perché avevano già fatto qualche assaggino). E se Tizio non è così generoso, può sempre arrivare suo zio Mevio che mette un bel comma nella legge di stabilità 20XX e autorizza la degustazione (a patrimonio, in questo caso).

Come potrete immaginare, il provvedimento deve specificare dei criteri di attuazione molto, ma molto articolati.
Prima di tutto vanno precisati i requisiti soggettivi dei confidi ammessi, delle tre categorie ricordate. Per essere equi e solidali, ogni categoria ha le sue criticità:
  • la prima, quella dei vigilati, è individuata negli iscritti al nuovo Albo, ma come ben sappiamo l'iscrizione sarà perfezionata a far tempo, al più presto, dall'estate prossima, quindi l'erogazione dei contributi potrebbe essere ritardata in attesa dell'iscrizione; 
  • per entrare nella seconda, quella degli aggregandi, occorre un progetto di fusione, rispetto a cui stabilire dei requisiti circa le modalità di adesione; quelli che dichiarano di aggregarsi, prendono il contributo da FCG, e poi cambiano idea dovrebbero restituirli;
  • la terza categoria, fatta di aderenti alle reti, esige dei criteri chiari e non troppo laschi; nel contratto di rete occorre prevedere forme di reale integrazione e di condivisione dei rischi, magari attraverso la costituzione di un veicolo societario sul quale appoggiare la dotazione di fondi ottenuta, una sorta di fondo comune; la cosa è giuridicamente nuova e complessa, potrebbe far incartare tanti baldanzosi progetti di rete nati con lo spirito della gita all'Oktoberfest (birra gratis e a ciascuno il suo boccale); anche in questo caso non potranno mancare clausole deterrenti contro i confidi che abbandonano la rete. Come nel caso precedente, l'uscita di un aderente potrebbe far scendere i volumi sotto i 150 milioni, e in quel caso tutti potrebbero perdere il contributo.
C'è poi il tema dei requisiti tecnici ed economici in base ai quali stabilire gli importi assegnati, le priorità, gli incentivi. Nel lontano 2013, Assoconfidi chiedeva un'assegnazione dell'1% sul volume delle garanzie, senza troppe complicazioni. Troppo semplice. Il MiSE non potrà ignorare le esperienze delle amministrazioni regionali (pensiamo alla Lombardia) che hanno costruito dei sistemi di scoring del "merito di contributo" dei confidi basati su un set di indicatori di bilancio e organizzativi. Dovrebbe però orientarsi su qualcosa di meno complicato. Ad esempio, il contributo potrebbe essere determinato in relazione al volume delle garanzie in essere e al capitale sociale, con correttivi legati a parametri di efficienza (cost income ratio o simili).

L'altro aspetto critico è la gestione della priorità di assegnazione: sarà a sportello (come lavora normalmente il Fondo centrale) o a bando (come nelle esperienze regionali citate)? 
E che dire dei tempi di emanazione del decreto? Pare che il provvedimento sia in fase di avanzata stesura a livello  dei ministeri competenti (MiSE e MEF) e che sarà notificato “per certezza giuridica” alla Commissione europea entro giugno. La commissione lo riceverà e dirà "Perché mi notificate una misura in de minimis?". Risposta: "Per rispetto!" (e perché l'abbiamo scritto nella legge ...). I beneficiari sperano che il decreto sia pubblicato entro l’autunno, in modo da ottenere i contributi nel 2015.

E a questo punto vi aspettate la mia opinione. Mah, è difficile esprimere delle opinioni su una proposta conosciuta in parte e completata con diverse congetture. La mia reazione dipende dai momenti. 
Se un giorno mi svegliassi di malumore, penserei che una misura come quella sopra ricostruita costituirebbe un caso paradigmatico di eterogenesi dei fini: un provvedimento nato per rafforzare il patrimonio (di vigilanza) dei confidi 107 si è trasformato in una distribuzione a pioggia di apporti ai fondi rischi a destinazione vincolata che produrranno zero incremento di patrimonio fino alla loro rendicontazione (e anche allora, forse). Una misura che tra le altre cose sottrae al FCG 250 milioni che magari servirebbero per non svuotare le garanzie che il Fondo ha in essere. E a quel punto avrei una reazione a catena di pensieri cupi sulla tenuta della dotazione del Fondo rispetto ai rischi in essere, a quelli nuovi (garanzie di portafoglio, minibond, startup, finanziamenti BEI), sul rischio che il Governo non lo rifinanzi, ecc. ecc.
Se il giorno dopo fossi di buonumore perché sento al telefono uno dei tanti cari amici che ho tra i confidi, penserei che 225 milioni (non tutti a lui) possono fargli molto comodo: se la Legge in questione li ha stanziati, è il caso di usarli senza troppe elucubrazioni, alla fin fine rappresentano una parziale compensazione dello svantaggio sofferto dai confidi nell'accesso alla controgaranzia.

Come non rimanere in balia degli umori buoni e cattivi? Di questi tempi non è facile. Il tema dominante del dibattito su qualsiasi misura di policy è la contesa per risorse pubbliche scarse. Il senso di questo provvedimento è "che cosa" far arrivare ai confidi, "come" è secondario. Gli altri contendenti (alludo, per restare tra gli intermediari finanziari,  alle banche e alle istituzioni comunitarie) fanno a loro volta il possibile per portare acqua ai rispettivi mulini, che si chiamano garanzia diretta, garanzie di portafoglio, SME initiative, ecc.. Le tecniche con cui propongono di farlo, per quanto più raffinate, non è detto che siano più efficienti in termini di impatto sulle imprese, anzi a volte è più difficile valutarle.
Le risorse ex legge di stabilità dovrebbero aiutare a rimettere in piedi, o in forze, i confidi debilitati dalla crisi. Condivido l'intenzione, sicuramente è di quelle buone. Il sistema deve però essere risanato e riorganizzato. Non bastano 225 milioni per farlo. Occorre assolutamente non sprecare questi soldi per trascinare situazioni insostenibili, tra l'altro il modo sopra ipotizzato non consentirebbe nemmeno di farlo, se i fondi rischi nuovi fossero allocabili soltanto a nuove operazioni (in pratica, poi, si potrebbe farlo usandoli per dare garanzie sul rifinanziamento di esposizioni problematiche, cosa brutta ma drammaticamente pressante in molte situazioni).

Ho idee alternative alla proposta in discussione? Sì, non mi dispiacerebbe un sistema di erogazione basato su voucher alle imprese spendibili per sottoscrivere aumenti di capitale dei confidi, o apporti a fondi rischi previsti dai contratti di garanzia. Potrebbero essere riservati ai soci dei confidi compresi nelle tre categorie ricordate sopra. Un'impresa potrebbe appoggiare il confidi di cui è già socia, o entrare in un altro confidi, dipenderebbe da chi le offre maggiori opportunità di accesso al credito. Il voucher potrebbe essere concesso dopo una valutazione delle imprese che ne verifichi la solvibilità, per evitare accaparramento da parte di soggetti che brucerebbero subito la dote ricevuta, e anche quella dei loro compagni di viaggio. Come si dovrebbe stabilire l'importo del voucher? Chiaramente in funzione dell'importo dei finanziamenti destinati ad essere garantiti dal confidi (il voucher sarebbe acquisito in via definitiva dall'azienda e dal confidi all'erogazione della garanzia). Non escludo che si possa legare il contributo anche a esposizioni già in essere, a fronte di operazioni di rinegoziazione del finanziamento o delle garanzia, con molta prudenza, naturalmente.
Con la formula del voucher si attiverebbe una sorta di competizione tra confidi. Non una lotta al coltello (non vedo perché un'impresa dovrebbe abbandonare un confidi sano con cui sta già lavorando). Si potrebbe concordare una scontistica in funzione dell'importo del voucher a livello di accordi con il Ministero, o di associazioni (lo si fa già quando sono presenti delle controgaranzie).
Il quasi-mercato dei voucher taglierebbe fuori i confidi in precarie condizioni, ma non sarebbe un male, perché riceverebbero un altro stimolo a riorganizzarsi, ma non a spese del FCG.

Non so prevedere la fine della storia. Ci sono finali diversi: (a) una distribuzione a pioggia che accontenta tutti e gratifica i rappresentanti che l'hanno negoziata; (b) un ristoro di perdite già latenti nel sistema (con sollievo delle banche che escutono); (c) un'occasione per guardarsi in faccia, tra i confidi e i loro partner, e decidere ancora una volta di andare avanti, insieme, con un progetto che sta in piedi. 
Nel lieto fine i soldi dovrebbero andare a chi ha un progetto che sta in piedi, e decide di attuarlo mettendo in campo le energie per saltar fuori dalla palude della contesa permanente. Ma affinché questo accada, ci vuole qualcuno che lo faccia accadere. Le opinioni, e la mia per prima, valgono tutte zero.

Bene, il dibattito è aperto. Sia che abbiate altre informazioni di prima mano, più aggiornate delle mie, sia che vi siate fatti delle opinioni diverse, dite in ogni caso la vostra.

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