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martedì 14 aprile 2015

Fitch ha declassato anche il Mediocredito Trentino-Alto Adige da BBB+ a BB- (con pensieri sul futuro del sostegno pubblico al credito)

L'agenzia Fitch Ratings a metà marzo ha abbassato il giudizio sul rating del Mediocredito Trentino - Alto Adige da BBB+ a BB-. La rating action è stata decisa in contemporanea con quella (vedi post) che ha portato il rating dell'altro Mediocredito a controllo pubblico, quello del Friuli Venezia Giulia, da BBB+ a B.

I commenti di Fitch alle due actions (TAA e FVG) raccontano storie molto simili: con il nuovo quadro di vigilanza bancaria europea la presenza di enti pubblici nell'azionariato non è più un fattore corroborante della solvibilità perché eventuali aiuti in caso di crisi sarebbero bloccati dalla clausole di bail-in dei creditori non assicurati e dalle regole generali sugli aiuti di Stato a intermediari finanziari in difficoltà, che prevedono il co-finanziamento privato degli apporti di capitale (che nel caso specifico del TAA dovrebbe essere assicurato dal principale partner non pubblico, il sistema delle casse rurali trentine).
Dal momento che il patronage degli enti territoriali soci (la Regione e le due Province autonome) non è più considerato efficace, il rating del Mediocredito T-AA è sceso al suo livello standalone, che sta sotto l'investment grade perché la sua attività core di finanziamento bancario oltre il breve termine soffre di volumi stazionari, incidenza crescente del deteriorato e difficoltà di provvista sul mercato (quest'ultima sarà accentuata dal downgrading).

Si potrebbero dire tante cose su questo fatto. E' in corso una grande operazione di normalizzazione nel sistema di intermediazione creditizia. I due downgrading di Fitch riguardano banche specializzate sopravvissute alla normalizzazione del 1993. Oggi il fronte d'intervento riguarda una realtà bancaria più vasta che comprende le banche popolari (a cominciare dalle maggiori, ormai avviate verso la demutualizzazione per effetto dell'Investment compact), le casse di risparmio locali e le banche di credito cooperativo, chiamate a ridisegnare il loro sistema in forma gerarchica. Una piccola normalizzazione sta investendo i confidi vigilati, con le ispezioni e il probabile avvio delle iscrizioni al nuovo Albo con soglia a 150 milioni.
Tutte queste azioni spingono verso una maggior concentrazione del sistema, in gradi e forme diverse nei diversi comparti, e verso una convergenza dei modelli di equilibrio patrimoniale, sempre più indirizzati verso il capitale esterno, fornito da investitori di mercato. Chiaramente questo modello è difficile da percorrere per gli intermediari di natura mutualistica, che dovranno adeguarsi, o uscire dal mercato.
Questo vuol dire che lo Stato non interferirà più con l'intermediazione finanziaria? Tutt'altro. Avremo un sistema bancario sempre più basato sul capitale di rischio fornito dal mercato, che paradossalmente sarà sempre meno disposto ad assumere rischi sul capitale (perché ne deve mettere di più e rischia di farlo perdere tutto). Per finanziare l'economia reale saranno necessari aiuti, incentivi, garanzie e puntelli di vario genere. Crescerà (già lo si vede) il ruolo delle banche pubbliche di investimento (come la nostra Cassa DDPP). Lo Stato (e in una certa misura le Regioni) faranno intermediazione finanziaria ma con propri veicoli, in un rapporto di collaborazione / concorrenza con le istituzioni bancarie europee (BEI e FEI), che ovviamente sfrutteranno la loro vicinanza ai centri decisionali delle politiche comunitarie (vedi Piano Juncker) per assicurarsi un flusso importante di risorse che assicuri loro interventi crescenti a rischio controllato. Per farvi un'idea dell'aria che si respira da quelle parti, leggete questo articolo di Edoardo Reviglio (qualche giorno fa portava anche la firma di Franco Bassanini, presidente di CDP).
Per riempire gli spazi lasciati dalla ritirata del credito bancario, crescerà lo shadow banking, cioè l'intermediazione diretta a bassa assunzione di rischio (e vigilanza più leggera), nella quale possiamo mettere dentro non soltanto i fondi chiusi che investono in private equity, minibond e simili, ma anche le forme di finanziamento a breve o di piccolo importo basate sul peer to peer lending, l'invoice financing e le altre mirabiliae rese possibili dalla tecnologia e dai big data. Nello shadow banking in versione popolare possiamo mettere anche i confidi minori, se riusciranno a rimanere nella zona grigia in cui sono attualmente senza perdere del tutto l'accesso a risorse pubbliche e la considerazione delle banche.
Alla fine il Pubblico continuerà a mettere risorse importanti (anche nei canali di shadow banking, dove può avere maggior libertà di farlo), ma ci sarà più competizione tra i soggetti che li gestiscono, e maggiore complessità (per non dire confusione) in tutto il sistema di finanziamento.

Partito dal declassamento del Mediocredito TAA, mi sono perso nella nebbia delle profezie sul futuro. E' veramente difficile per un intermediario, e ancor di più per un confidi, fare strategie semplici e credibili. Occorre essere vigili e lottare per non essere espulsi da un gioco in cui le regole cambiano continuamente.

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1 commento:

Sapio ha detto...

Cionondimeno il credito a medio termine è necessario all'economia ed allo sviluppo del paese ed aver distrutto gli intermediari che se ne occupavano (IMI in primis, è stato un errore clamoroso). Le imprese peraltro devono aumentare la loro capitalizzazione.