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mercoledì 28 gennaio 2015

Panetta (Banca d'Italia) all'AIAF: per finanziare le imprese servono progetti e soggetti di sistema

Segnalo l'interessante intervento di Fabio Panetta (VDG della Banca d'Italia) Crescita economica e finanziamento delle imprese al Convegno dell'Associazione Italiana degli Analisti e Consulenti Finanziari (già AIAF). Ci trovate una rassegna chiara dei problemi che ci trasciniamo da anni, dei molti strumenti messi in campo per affrontarli, dei risultati parziali e insoddisfacenti conseguiti finora. E soprattuto due provocazioni molto stimolanti.

Primo problema è il razionamento del credito per molte piccole e medie imprese (circa il 15% del totale lamenta di non ottenere i prestiti di cui ha bisogno). Il credit crunch dipende dalla non bancabilità di troppe imprese finanziariamente fragili, e dal peso soffocante del credito deteriorato sui bilanci delle banche italiane. In proposito, Panetta, torna sull'idea di una bad bank di sistema, ricordando l'accenno fatto dal Governatore Visco al convegno Assiom-Forex del febbraio 2014:
Le banche stanno affrontando il problema dell’elevata consistenza di crediti deteriorati sia rafforzando le politiche di gestione e recupero, sia mediante cessioni in blocco di attività. Vi sono ancora spazi di miglioramento, soprattutto per le banche piccole e medie, finora meno soggette alla pressione dei mercati. Ma alla vigilia della ripresa congiunturale gli intermediari – e con essi l’intera economia italiana – hanno un forte interesse a rendere tale azione più rapida e incisiva, al fine di conferire trasparenza ai bilanci e di riattivare pienamente il circuito del credito. In questa fase gli strumenti ordinari potrebbero non essere del tutto adeguati, rendendo necessari interventi di sistema. La Banca d’Italia ha già sottolineato questa esigenza alcuni mesi fa, indicando come tali interventi possano liberare risorse da destinare al finanziamento della domanda per consumi e investimenti. Quell’esigenza è oggi ancora più pressante; le possibili soluzioni vanno analizzate a fondo e se necessario attuate con rapidità. 
Nell'intervento, si elencano poi tutte le azioni e gli strumenti messi in campo per sostenere il finanziamento delle imprese: i programmi LTRO e TLTRO della BCE, il potenziamento e l'estensione degli interventi del Fondo centrale di garanzia, i finanziamenti della Cassa DP, l'incentivo fiscale al rafforzamento patrimoniale con l'ACE, i canali di finanziamento non bancari (minibond, assicurazioni, fondi di credito), le cartolarizzazioni (con l'appoggio della BCE), i private placement. Strumenti tanti, forse troppi e non sempre indirizzati verso obiettivi mirati, né coordinati unitariamente. Panetta auspica una regia più energica, e indica nelle banche pubbliche di sviluppo il soggetto capace di svolgere questo ruolo:
molti paesi avanzati hanno adottato in tempi più o meno recenti un modello di sostegno alle imprese minori fondato sull’azione di “banche di sviluppo”: istituzioni pubbliche con autonomia finanziaria e patrimoniale, in grado di offrire un’ampia gamma di strumenti finanziari quali garanzie, agevolazioni, prestiti diretti o mediati dal sistema bancario, partecipazioni in fondi di capitale di rischio.
Cita come esempio la KfW tedesca, la Banque Publique d'Investissement francese e la più recente British Business Bank. Anche i paesi periferici, Irlanda, Grecia e Portogallo,  si sono indirizzati su questa strada e hanno costituito le proprie banche di sviluppo nel 2014. Forse ne abbiamo bisogno, secondo Panetta, anche in Italia:

Al contrario di quanto si è osservato in altri paesi, in Italia l’accresciuto intervento a sostegno delle condizioni finanziarie delle imprese, in particolare quelle più piccole, non si è sviluppato all’interno di un quadro organico. Le misure messe in campo dai diversi governi sono state affidate a enti o soggetti operanti in maniera talora indipendente gli uni dagli altri; una tale frammentazione può aver ostacolato un efficiente utilizzo dei diversi strumenti da parte delle imprese. In prospettiva andrà valutata con attenzione, anche da noi, l’opportunità di una razionalizzazione degli aiuti pubblici secondo i modelli prevalenti negli altri maggiori paesi, al fine di accrescere l’efficacia delle misure a sostegno delle PMI. 
Chi può svolgere questo ruolo? Nella relazione non viene detto, e anch'io non ho una risposta. Posso soltanto dire che servirebbe a poco creare o rafforzare una banca di sviluppo nazionale senza mettere ordine nel sistema di aiuti. Il nuovo soggetto rischia di essere soffocato dalla folla di soggetti che già svolgono la stessa funzione (agenzie di sviluppo, finanziarie regionali, confidi, gestore del Fondo Pmi, SGR create da enti pubblici, ecc.). Molte banche si trovano benissimo con l'attuale sistema di aiuti perché hanno una grossa influenza sui policy maker, penso che non si metterebbero da parte per lasciare spazio alla banca di sviluppo che andrebbe a disintermediarle o a disciplinare il loro uso dei programmi pubblici per fare risk transfer o incamerare grossa parte dei sussidi come margini commerciali.

Comunque, Panetta ha ragione quando dice che bisogna tornare a pensare in grande: una bad bank di sistema da mettere in funzione presto, che lavori con efficacia; una banca di sviluppo che faccia da propulsore, regista ed esecutore delle politiche di sostegno al finanziamento delle imprese.

Ma siamo ancora capaci di pensare a cose grandi?
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1 commento:

Sapio ha detto...

Prima BdI uccide gli Istituti di credito Speciale per via della doppia intermediazione e poi piange sul latte versato.