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venerdì 21 marzo 2014

Il FEI aumenta il capitale per potenziare gli interventi vecchi e nuovi a sostegno della finanza delle Pmi

Oggi sul Sole 24 ore in seconda pagina c'è l'intervista a Pier Luigi Gilibert, nuovo CEO del Fei con un passato all'ufficio studi Comit e oltre 25 anni in Bei. Il FEI aumenterà il capitale da 3 a 4,5 miliardi di euro per potenziare i suoi interventi. Il Fei fornisce capitale alle Pmi, soprattutto se aziende di nuova costituzione, con attività orientate alla tecnologia; inoltre offre garanzie alle banche a copertura dei prestiti alle Pmi.

Il primo ambito di intervento è la concessione di garanzie alle banche per alleviare il rischio-impresa e liberare capitale. In prospettiva, intende aumentare le garanzie concesse su pool di crediti bancari alle aziende di piccola e media dimensione. 
Un altro strumento è la sottoscrizione di quote di fondi di private equity e di venture capital, sia su risorse proprie sia su mandati di terzi, in primis quello dalla Bei di 7 mld. Il Fei è il primo investitore in fondi di private equity in Europa, e interviene in fondi di venture capital (seed, early stage, growth capital e middle market) e sta iniziando, in alcuni paesi, a lavorare tramite i "business angels". Entra anche nei fondi ibridi di debt-equity, ad esempio RiverRock per l'Italia.
Cresceranno gli interventi per la rivitalizzazione del mercato delle Asset backed Securities (Abs), con l'ingresso nella tranche mezzanine, e per il lancio dei mini-bond in Italia e in altri paesi.
Una terza linea di intervento che il FEI intende sviluppare è quella della microfinanza per agevolare la concessione di piccoli prestiti mirati alle start-up: in Italia lo ha già fatto con la Banca popolare di Milano e con l'Iccrea.
L'intervista tocca infine il tema del giorno, quello della gestione dei fondi strutturali Ue. L'Italia ha 21 miliardi di euro stanziati sui programmi 2007-2013 che non sono ancora stati spesi. Il Fei si propone alle amministrazioni statali e regionali come co-gestore di questi fondi, e in questo modo offre piattaforme e competenze per metterli a frutto. Inoltre l'amministrazione può considerare validamente impegnate le risorse allocate su programmi co-gestiti dal Fei, e in virtù di questo elimina il rischio di doverle restituire all'Ue. 
Anche nel nuovo periodo programmatico 2014-2020 il Fei continuerà a collaborare agli interventi regionali con fondi strutturali destinati al sostegno delle Pmi, in stretta collaborazione con la Bei.
Infine, Gilibert si è soffermato sulla Risk Sharing Initiative (o Rsi) sulla quale il Fei punta per il futuro. Ha iniziato a offrire questo prodotto alla fine del 2012 in forma sperimentale e, visto il suo successo, intende ora riproporlo in volumi più alti. Il rischio di credito sulle Pmi viene condiviso tra la Commissione (sui fondi del programma Horizon 2020), che si accolla le prime perdite su crediti che si materializzano, il Fei e la banca che presta. La garanzia è erogata dal Fei, che poi la gestisce durante la sua vita contrattuale. La garanzia rilasciata dal Fei si riferisce a portafogli di prestiti a Pmi «innovanti» e può coprire fino all'80% dei rischi individuali e di portafoglio.
Dal 2012, il Fei ha concluso sei operazioni di questo tipo in Italia, le ultime con il Credem e con Creval. Spesso questa garanzia è accoppiata ad un prestito Bei, in modo che la banca fruisce di un pacchetto che comprende sia la liquidità che la copertura del rischio sulle Pmi finanziate.

Aggiungo io un cenno al nuovo programma SME Initiative (non menzionato nell'intervista) che è oggi allo stadio di proposta ai governi centrali di alcuni paesi Ue: si tratta di una piattaforma di garanzia statale non cappata su portafogli di presiti a Pmi, che è supportata da una struttura di tranching alimentata da fondi su programmi Ue, fondi strutturali e garanzie "di mercato" di Fei e Bei . Ne ha parlato a nome del Fei Alessandro Tappi  al recente Confires 2014 (qui anche il video). Si tratta di uno strumento per molti aspetti simile al maxi-fondo di garanzia di cui abbiamo più volte parlato nel blog. Anche nel caso della SME Initiative, le amministrazioni nazionali che ricorrono a BEI e FEI godono di benefici rispetto ai vincoli di co-finanziamento con fondi nazionali, e accelerano l'impegno dei fondi.

Ovviamente i confidi, le banche e i policy maker regionali devono studiare con molta attenzione le nuove politiche delle istituzioni bancarie dell'Ue. Anche loro sono chiamati a ricostituire i capitali per innovare e sviluppare i loro interventi in forme vecchie e nuove.  Nel Fei hanno un nuovo interlocutore (il CEO), che conosce bene l'Italia, oltre a poter contare su Alessandro Tappi, che da anni è il punto di riferimento al Lussemburgo per i nostri intermediari. 
Non è detto che a tutti convenga avvalersi della partnership del Fei, ma tutti possono comunque trarre ispirazione per definire i propri strumenti, possibilmente subito e non tra cinque anni quando scatterà nuovamente la ghigliottina sui fondi comunitari non impegnati.
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2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ho l'impressione che tutti questi meccanismi complicati servano solo alle banche per ridurre il loro rischio. Utilizzano il FEI più o meno come il Fondo Centrale di Garanzia: si tengono in casa i vantaggi (riduzione accantonamenti di capitale, ecc) e non li trasferiscono alle imprese, con la solita scusa che in mancanza avrebbero erogato meno credito....

Gianguido Trullallà ha detto...

Il sistema confidi si lamenta che mancano i fondi pubblici, e invece pare che di fondi strutturali ce ne sia una caterva che le Regioni non spendono. Di chi è la colpa? Perché la rete locale di banche e confidi non aiuta le amministrazioni a impegnare e a spendere bene? Per non perdere i fondi 2007-2013 le amministrazioni sono incentivate a farli co-gestire dal Fei.
Allora i casi sono due: o si fa un sistema regionale e nazionale più efficiente, o si entra nel circuito Fei.
Molti confidi ci sono entrati. Chi si lamenta perché ne sta fuori si attacchi al tram (che ha perso).