aleablog

martedì 8 ottobre 2013

Onado sul credit crunch: colpa anche di capacità di selezione impoverita e mancanza di regia

Oggi sul Sole 24 ore Marco Onado commenta i numeri della contrazione dell'offerta di credito alle imprese, che in uno scenario di recessione distrugge "pezzi fondamentali della nostra economia". L'articolo contiene dei giudizi saggi e un appello ad alzare lo sguardo e il livello delle risposte a questa minaccia. Cito qualche frase:

[la contrazione del credito alle imprese] È la prova più evidente che il nostro sistema bancario, che pure all'inizio della crisi era più robusto degli altri, sta mettendo a nudo problemi strutturali e fra questi vi è una difficoltà sempre più evidente a selezionare le aziende meritevoli di credito dalle altre e a sostenere la crescita delle imprese. Addossare la colpa ai requisiti patrimoniali è fin troppo facile. [...] Emerge in questi giorni uno dei prezzi più dolorosi che abbiamo pagato per la ristrutturazione del nostro sistema bancario: la scomparsa di istituti che avevano costruito le loro fortune sulla loro capacità di valutare le imprese e i loro processi di investimento. Comit, Imi, Mediocredito centrale, Mediocrediti regionali sono spariti anche come marchi, quasi fossero ricordi di un passato di cui vergognarsi.
Che fare? Onado indica come esempio i programmi del governo francese:
[...] questa settimana, il governo francese ha lanciato una proposta per ampliare ulteriormente i prestiti delle imprese di assicurazione alle piccole e medie imprese: agli attuali 216 miliardi (30 in più del 2008, si badi) se ne dovrebbero aggiungere altri 90. E la Francia aveva creato una Banque publique d'investissement nel 2012, proprio per coordinare tutte le iniziative in materia di credito alle aziende minori.
In Italia le iniziative non mancano. Onado però individua una lentezza nella loro strumentazione e attuazione:
Nei giorni scorsi si è molto parlato del fondo di garanzia dedicato alle piccole e medie imprese, da capitalizzare con risorse europee non ancora utilizzate. Occorre definire subito i dettagli operativi e soprattutto le strutture e gli uomini che dovrebbero renderlo funzionante. E bisogna attivare subito le iniziative che stanno scaldando i motori in attesa delle ultime autorizzazioni, come i fondi per il finanziamento delle esportazioni destinati a investitori istituzionali, che potrebbero portare un contributo di liquidità in tempi ancora più rapidi. Così come occorre finalmente tradurre in uno strumento operativo concreto le mille iniziative per una securitisation trasparente e virtuosa a favore della generalità delle imprese, comprese quelle minori. E non bisogna dimenticare che rimane ancora sotto traccia il problema di come mettere l'enorme potenziale di finanziamento delle imprese di assicurazione (o di altri investitori istituzionali) al servizio del sistema produttivo.
Ma non è soltanto un difetto di execution, quello di cui più sente la mancanza è che
... una regia complessiva di questo pur vitale problema del nostro sistema produttivo. 
Condivido l'analisi di Marco Onado e l'intensità del suo appello a fare presto per affrontare questo problema di portata sistemica. Giustamente elenca diversi interventi sul tappeto che potrebbero mobilitare nuova finanza per le imprese italiane. Omette però di menzionare un tassello importante di qualsiasi strategia di attacco al credit crunch: lo smaltimento delle posizioni già deteriorate presenti massicciamente nei bilanci delle banche. Se non si affronta anche questo problema in maniera trasparente e coordinata, con una regia (serve anche qui) non si potrà riportare nelle banche la "capacità di valutare le imprese e i loro processi di investimento" che fu di alcuni soggetti virtuosi (non di tutti) del sistema di credito speciale cancellati dalla riforma del Testo unico bancario.
Onado accenna anche alle potenzialità della nuova finanza non bancaria. Vedo in quei comparti alcuni segni di vitalità: penso alla manciata di progetti locali di emissione di mini-bond da parte di medie imprese orientate all'export, al dinamismo di alcune imprese innovative (al di là del folklore sulle start-up), agli accordi stretti tra alcune imprese leader di filiera e i fornitori strategici. Serve una regia, certamente, ma serve anche un processo dal basso di germinazione di professionalità nuove, di ricambio generazionale.
Il sistema bancario, in molte sue componenti, si dimostra aperto ad accompagnare questi esperimenti. In proposito, il Governatore Visco osserva nel suo intervento del 7 ottobre alla Fondazione Rosselli:
Le imprese hanno bisogno di risorse alternative per finanziare gli investimenti. Le banche, d’altro canto, hanno interesse a mantenere un rapporto equilibrato tra impieghi e depositi, a condividere con i mercati i rischi insiti nel finanziamento alla clientela. Facilitare l’accesso delle imprese ai mercati dei capitali è per le banche un compito non facile, che richiede la capacità di valutare le prospettive economico-finanziarie delle imprese; vanno evitati con cura i possibili conflitti d’interesse. 
Adelante, con juicio! "Evitare con cura i possibili conflitti d'interesse" significa non mescolare le carte in tavola. Le banche non devono alzare il vessillo del finanziamento della crescita e incolonnare dietro tutte le truppe, anche quelle stremate dalla crisi, sperando che il vettovagliamento sia sufficiente per tutti. E' un approccio miope, che si ritorce contro le buone intenzioni che sembrano giustificarlo. 
Alcune imprese scoppiano di vitalità, sono sexy per qualsiasi investitore. Altre sono solide. Altre vanno avanti, più o meno affaticate. Altre sono in affanno. Altre sono ormai bloccate, o sopraffatte. A diversi stati di salute corrispondono strategie di finanziamento  (o di uscita) ben differenziate, con diversi corredi di fonti di capitale, expertise, comunicazione esterna, aiuti di Stato, ecc. Curare tutti allo stesso modo è un grave errore terapeutico. E soprattutto è veleno per la professionalità e la deontologia degli intermediari che finanziano o assistono in altro modo le imprese.
I confidi sono naturalmente parte in causa di qualsiasi intervento sistemico sul finanziamento delle imprese. Un approccio opaco li condannerebbe inesorabilmente ad un ruolo ancillare e col tempo ridimensionato: se il problema pregresso del carico di sofferenze bancarie non è conclamato e affrontato, i confidi rischiano di essere una pedina delle strategie di difesa delle banche dalle perdite su crediti;  i confidi sono buoni per giustificare nuovi apporti di fondi pubblici, per lo più locali, che siano aggiuntivi rispetto a quelli che le banche reclamano di attingere direttamente, e che magari siano in buona parte assegnati per evitare lo stralcio di domande di escussione su esposizioni già deteriorate, accumulate negli anni facili prima della crisi, o nell'era successiva delle moratorie e dei finanziamenti-liquidità.
Occorre superare questa visione: ci sono due fronti aperti, sul primo si curano le imprese sofferenti, sul secondo si procura capitale per le imprese che crescono. Le banche e i confidi devono combattere insieme, come alleati, su entrambi i fronti, dividendosi i compiti, e quindi gli aiuti pubblici. Ma per combattere, tanto le banche quanto i confidi, hanno bisogno di rinnovare l'equipaggiamento, e addestrarsi a farne buon uso.
Stampa questo post

Nessun commento: