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lunedì 28 gennaio 2013

Aiuto di Stato: l'Ue allarga i criteri, ma in Italia non siamo pronti ad approfittarne

Approfitto di questo articolo interessante su Linkesta per tornare al tema degli aiuti di Stato. La Commissione ha avviato il processo di aggiornamento della normativa, al fine di semplificare le procedure di autorizzazione e controllo, e di estendere le categorie di aiuto esentate dall’obbligo di notifica a Bruxelles.
Al momento sono esonerati quelli (ai sensi del c.d. Regolamento generale di esenzione) a favore delle piccole e medie imprese, della ricerca e dello sviluppo, della tutela dell'ambiente, dell'occupazione e della formazione, e per finalità regionale autorizzati dall’Ue. Si propone di aggiungere altre 10 categorie. Tra queste figurano gli aiuti in casi di disastri naturali, maltempo, conservazione di beni culturali, per l’innovazione, per varie forme di trasporto e per la banda larga. Notizie buone per noi? Non tanto, pare.
La Commissione, aumentando il numero di settori esonerati, scarica sugli stati nazionali ulteriori oneri di controllo del rispetto delle norme Ue. L’Italia non è attrezzata con una vera authority centrale (croce e delizia del decentramento sulle Regioni). La Commissione chiede, in cambio dei criteri più larghi, il potere di verificarne direttamene il rispetto e sanzionare gli abusi, senza passare per le autorità nazionali. Su questo punto le nostre Amministrazioni esprimono perplessità.
Gli aiuti erogati in regime di regolamento generale di esenzione hanno carattere selettivo e sono commisurati alle spese (di investimento o di altra natura) che si intendono agevolare
Linkiesta sottolinea come sia per l'Italia più pericoloso l'intervento allo studio sull'altra categoria di aiuti, quelli poco o punto selettivi erogati in regime de minimis. Al momento la soglia generale è di 200.000 euro, la scorsa primavera è stata portata a 500.000 per i cosiddetti «servizi di interesse economico generale» (concetto articolato che spazia dai servizi postali all’approvvigionamento energetico, dalle telecomunicazioni al trasporto pubblico). Molti stati, a cominciare da Germania e Francia, chiedono di aumentare ulteriormente la soglia.
Gli aiuti in de minimis sono principalmente finanziati con risorse nazionali e quindi sono più facilmente erogabili dagli Stati con finanze pubbliche meno sofferenti. Questo darebbe ai paesi nostri competitor più spazio per sostenere le loro imprese al di fuori di priorità settoriali, sociali o di coesione territoriale.
Traggo alcune conclusioni:
  • la dispersione di competenze tra enti e la mancanza di procedure unificate di rendicontazione è un punto di debolezza del nostro paese, che va ad aggiungersi alla sottocapacità di avviare progetti meritevoli; ne consegue che l'Italia è contributore netto al bilancio UE anche perché non riesce a spendere bene e integralmente i fondi strutturali;
  • stanti i problemi di cui sopra, è forte la tentazione per noi di convertire i sussidi alle imprese in sgravi fiscali di natura automatica, o in eliminazione di imposte (IRAP) o riduzione di aliquote (IRPEF-IRES); dal rapporto Giavazzi in poi, passando per la piattaforma di Fermare il declino, si sono levate molte voci a favore di questo cambio di impostazione; resta però il fatto che molte risorse (pensiamo al Sud) hanno una destinazione "per progetti"; già il precedente governo (fino alle sue ultime settimane) ne ha negoziato la conversione in aiuti fiscali (vedi articolo dell'epoca), ma non è possibile battere esclusivamente quella strada.
Conclusioni: dobbiamo rendere più efficiente e meglio orchestrata la gestione degli incentivi a livello nazionale, cominciando dal censimento dei programmi, il computo della spesa, l'analisi coerente dei costi e dei benefici degli interventi. Cominciamo dagli aiuti su credito e garanzie, se volete do una mano gratis.
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2 commenti:

Marco Pazzaglia ha detto...

Fer,o restando il fatto che il problema principale italiano è quello del mancato utilizzo di stanziamenti europei aggiungo un'altra considerazione.
Il problema è che in Italia nel segmento "agevolazioni" come in altri della vita quotidiana (imposte, servizi, consulenze), il "Caos che regna sovrano" fa la fortuna dei professionisti dell'ordine a parcella. Un imprenditore anzichè entrare nel labirinto delle agevolazioni da solo e senza rotta, si accontenta di entrarci con una "bussola a pagamento" che gli decurta in maniera sensibile il beneficio stesso. Un piano per la "classificazione ordinata delle agevolazioni" non togliera' ai consulenti il mestiere di supporto, ma se non altro eliminera' dal mercato le sanguisughe.

Anonimo ha detto...

Concordo, un sistema di aiuti mal gestito spreca un sacco di risorse nel circuito di di erogazione; e tanti "piccoli" aiuti a pioggia sono la cortina fumogena dietro la quale passano pochi grossi sussidi a soggetti privilegiati (aziende di fatto pubbliche, industrie energivore). Di fatto ai beneficiari finali meritevoli arriva poco.