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lunedì 19 dicembre 2011

Comitato di Basilea: stretta sulle cartolarizzazioni elusive

Il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria ha emesso un comunicato dal titolo High cost credit protection nel quale stigmatizza forme elusive di credit risk transfer basate su cartolarizzazioni e tranched cover.
Tra gli esempi citati, le garanzie sulla tranche di prima perdita trattenuta dalla banca: capita che quest'ultima riporti subito l'abbattimento dell'esposizione soggetta a ratio patrimoniali, ma posponga la rilevazione del costo della copertura. Il capitale minimo di vigilanza scende subito. Il capitale netto pure, ma lo si nasconde, per il momento.
Il quadro di vigilanza internazionale continua a dare lavoro ai facitori di pezze e pezzuole altrimenti note come arbitraggi regolamentari. Bene fa il Comitato a vigilare su queste furbizie, che però non riuscirà mai a debellare.
Da (modesto) studioso, penso che il mercato globale del credit risk transfer, quello nato a fine anni '90 coi derivati su crediti e poi proliferato con strutture innovative ad alta leva sia stato, al di là delle intenzioni, una delle più colossali mistificazioni della storia della finanza. Teorizzando la capacità del mercato di valutare e trasferire quantità illimitate di rischio, i big di Wall Street hanno intermediato promesse di copertura per importi giganteschi, che mai il mercato da solo avrebbe potuto onorare. Lo si è visto: senza il salvataggio di AIG, sarebbero saltate le banche di mezzo mondo che AIG assicurava sulle tranche super senior; nei prossimi mesi la ristrutturazione del debito greco sarà (secondo le ipotesi sul tavolo) "volontaria" per non fa scattare l'evento di default sui relativi CDS, che pure metterebbe in ginocchio fior di intermediari. Che cosa c'è di diverso dai confidi borderline, che emettono garanzie inconsistenti, incassano la commissione e poi svaniscono?
Sarebbe ora che l'accademia prendesse posizione su tutto questo. E anche le società di consulenza.
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1 commento:

Gigi ha detto...

Caro Luca, grazie per le continue sollecitazioni e per i documenti che sottoponi alla lettura dei tuoi blogger. Sono d'accordo con l'idea che il modello "originate to distribute" non funziona. I limiti di tale modello, stanno, a mio avviso di studioso dilettante (e forse immodesto), nelle teorie finanziarie di questi ultimi 40-50 anni: portafoglio, efficienza dei mercati, opzioni, black-scholes, etc. etc. La matematizzazione estrema della finanza ha mistificato (nel senso di nascosto, velato, trasformato, reso cognitivamente impenetrabile) i modelli e la realtà sottostante e le ipotesi che tengono in piedi il tutto sono semplicemente errate, false. Sono comode, utili, ma non vere: prima fra tutte la perfezione dell'informazione e l'incorporazione nei prezzi di tutta l'informazione disponibile. Queste ipotesi sono state ampiamente falsificate dalla realtà (fino a che la potenza di calcolo, e la velocità dell'informazione erano limitate erano ipotesi non falsificabili e quindi, popperianamente, neanche scientifiche, nonostante i nobel; ora con gli strumenti che abbiamo possiamo dire che sono ipotesi ampiamente falsificate).
E' ora che l'accademia ne prenda atto. Lo dico da oltre due anni. Potresti cominciare a lavorarci tu da accademico, aggregando qualche prof di finanza eretico e costruendo un team di studio: magari uno dei prossimi Nobel....