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sabato 27 agosto 2011

Dal Meeting di Rimini, Napolitano: rispondere alla crisi con il linguaggio della verità

Penso che abbiate seguito sui media il Meeting di Rimini che si è chiuso oggi. Mi è piaciuto molto l'intervento del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, il primo giorno. Cito un passaggio che ha colpito me così come molti commentatori:


Ma dinanzi a fatti così inquietanti, dinanzi a crisi gravi, bisogna parlare – e voglio ripeterlo oggi qui, rivolgendomi ai giovani – il linguaggio della verità: perché esso “non induce al pessimismo, ma sollecita a reagire con coraggio e lungimiranza”.
Abbiamo, noi qui, in Italia, parlato in questi tre anni il linguaggio della verità? Lo abbiamo fatto abbastanza, tutti noi che abbiamo responsabilità nelle istituzioni, nella società, nelle famiglie, nei rapporti con le giovani generazioni? Stiamo attenti, dare fiducia non significa alimentare illusioni; non si dà fiducia e non si suscitano le reazioni necessarie, minimizzando o sdrammatizzando i nodi critici della realtà, ma guardandovi in faccia con intelligenza e con coraggio. Il coraggio della speranza, della volontà e dell’impegno. Dell’impegno operoso e sapiente, fatto di spirito di sacrificio e di massimo slancio creativo e innovativo. [...]
Possibile che si sia esitato a riconoscere la criticità della nostra situazione e la gravità effettiva delle questioni, perché le forze di maggioranza e di governo sono state dominate dalla preoccupazione di sostenere la validità del proprio operato, anche attraverso semplificazioni propagandistiche e comparazioni consolatorie su scala europea? Possibile che da parte delle forze di opposizione, ogni criticità della condizione attuale del paese sia stata ricondotta a omissioni e colpe del governo, della sua guida e della coalizione su cui si regge? Lungo questa strada non si poteva andare e non si è andati molto lontano. Occorre più oggettività nelle analisi, più misura nei giudizi, più apertura e meno insofferenza verso le voci critiche e le opinioni altrui. Anche nell’importante esperienza recente delle parti sociali, giunte ad esprimere una voce comune su temi scottanti, ci sono limiti da superare nel senso di proiettarsi pienamente oltre approcci legati a pur legittimi interessi settoriali. Bisogna portarsi tutti all’altezza dei problemi da sciogliere e delle scelte da operare.
Scelte non di breve termine e corto respiro, ma di medio e lungo periodo.
Un richiamo forte alla questione di fondo, del quale si sentiva l'urgenza. Sarà raccolto? Allo stesso incontro hanno parlato Enrico Letta e Maurizio Lupi come esponenti dell'Intergruppo parlamentare per la sussidiarietà che oggi rappresenta un tentativo interessante di disgelo e di dialogo nell'impaccio dell'azione di Governo e del connesso dibattito parlamentare. Non sarà facile passare dalle parole ai fatti. Come commentava Ernesto Galli della Loggia in un'intervista a il Sussidiario.net:
Siamo in molti, infatti, a fare le stesse critiche, ma i politici non sembrano capaci di liberarsi dal ricatto, anche elettorale, dei gruppi organizzati. Quelli cioè che sono in grado di avanzare le proprie richieste in modo organico. La politica, purtroppo, oggi è strutturata solo per ascoltare questo tipo di voci. Chi invece si affaccia sulla scena sociale solo adesso, come i giovani o come chi è disorganizzato (i consumatori, ad esempio) viene tagliato fuori. Non a caso in questo Paese contano molto di più i tassisti dei loro clienti».
[...] Penso però che servirebbero leader politici e movimenti nuovi che sappiano organizzare i “disorganizzati” e portare la loro voce all’interno dell’arena politica. Purtroppo abbiamo un deficit di cultura politica evidente e penso che questo sia il nostro punto critico fondamentale, anche se non è un problema che riguarda solo l'Italia.

Con un deficit pubblico da tagliare rapidamente, la politica (e la rappresentanza associativa e sindacale) non possono rimanere schiacciate sulla difesa di interessi particolari. Si condannano alla paralisi e alla soggezione a pressioni esterne, in un quadro sempre più confuso, iniquo, e sempre meno credibile.
Bisogna (citando Napolitano) "parlare il linguaggio della verità", con le azioni prima ancora che con le dichiarazioni. Come si fa a distinguereil linguaggio della verità dal linguaggio della propaganda? E' semplice: basta misurare il tasso di concretezza e di attenzione alla realtà.
Nel dibattito sui nostri temi (credito, finanza Pmi, confidi) i suddetti indicatori presentano valori troppo bassi, e non stanno certo migliorando. Cercherò, con il blog e altre iniziative più "materiali", di invertire la tendenza. Stampa questo post

2 commenti:

Dodona ha detto...

Si credo che sia veramente giunto il tempo dell'azione. Come dici Luca nel post successivo occorre maggiore impegno, partendo proprio dal personale, per organizzare ciò che oggi non e' ancora organizzato e dare vita a quei piccoli cambiamenti che chiamo il corso della storia.

Gigi ha detto...

Tutto straordinariamente condivisibile: se non si capisce che per il bene comune (che è anche bene particolare) bisogna rinuciare all'interesse particolare tout court ed essere un lungimiranti non si va da nessuna parte. Una classe politica (e in questo metto tutti gli organi di rappresentanza anche economica: sindacati, associazioni di categoria, etc.) che ha come obiettivo la riconferma, non è classe dirigente, ma classe digerente. Serve che si facciano delle scelte mettendo a rischio la poltrona perché l'orizzonte delle scelte non è quello delle scadenze elettorali. Serve l'impegno personale di ognuno a rinunciare a facili meccanismi di scambio, sia nel dare che nell'avere. Servono delle rinunce nel presente per poter avere un domani decente. Altrimenti, poi quando le scelte sono obbligate sono lacrime e sangue (per i più deboli soprattutto).