aleablog

giovedì 10 marzo 2011

Scholz: Un popolo di fronte alla sfida del cambiamento - cdo.it

Il popolo che ce la fa ancora, ma a stento. Sono loro - madri e padri, lavoratori e insegnanti, professionisti e volontari - a far andare avanti l’Italia, seppur con crescente fatica.
Nonostante l’assenza di reali sostegni alle famiglie, primo ammortizzatore sociale; nonostante un’enorme pressione fiscale per le imprese, motori di una possibile ripresa; nonostante una burocrazia, primo impedimento a una flessibilità reale di azione; nonostante tanti altri fattori che appesantiscono sempre di più la vita della gente (basti ricordare i 75 miliardi di euro di fatture non pagate dalla pubblica amministrazione). Certo, ci sono anche segnali di cambiamento politico. Ma sono deboli, troppo deboli.

Debole è diventato anche lo stesso popolo. La sua fatica del “nonostante” assomiglia più a una resistenza per la sopravvivenza che a una vitalità costruttiva. Ma soprattutto il popolo rischia di diventare una semplice somma di singoli individui, ancora legati da relazioni familiari o amicizie, certo, ma fondamentalmente soli, senza una socialità reale che vada oltre il privato. Così ci troviamo di fronte, da una parte, a un individualismo che cede facilmente all’illusione che la politica possa e debba risolvere i drammi della vita e, dall’altra, a uno Stato che con un debito pubblico alle stelle non riesce più - se mai ci sia riuscito - a soddisfare le attese quasi messianiche nei suoi confronti. Ma è proprio questa passività la base di quella “audience” fatta di milioni di spettatori che assistono impotenti a liti continue che in realtà non risolvono nulla.
Da dove ricominciare?
Stampa questo post

5 commenti:

Ex ex ex ha detto...

Intervenire sull'origine del problema e non nel contorno dello stesso. Questo dovrebbe fare chi rappresenta chi. Maledizione !!!

Anonimo ha detto...

Perché "Maledizione!"?
Con l'occasione dico che ho postato la citazione perché mi sento possibile preda della passività di cui parla Scholz, e non perché mi tiro indietro (anzi, non ricordo un periodo così pieno di attività, non solo il blog ma anche il business point, il gruppo Smefin, ecc.), ma perché può sempre prevalere il senso che non ne vale la pena, che abbiamo perso i treni, siamo sconfitti (chi? la nostra generazione, l'Italia, le imprese, i confidi, la politica, fate voi).
Consiglio di leggere anche il resto dell'articolo sul ilsussidiario.net, dove indica l'educazione come cuore del problema. In effetti, se non cedo è perché tutte le mie attività ruotano intorno all'insegnamento, che è un richiamo fortissimo alla responsabilità come adulto, diciamo pure come padre.
@Ex ex ex, denunci "chi rappresenta chi", e ne hai motivo, ma penso che la passività di costoro dipenda dal non avere un richiamo altrettanto potente alla responsabilità.

Emanuela ha detto...

Il post mi fa venire in mente l'intervento di un ragazzo ieri sera a Ballarò, sul finire della trasmissione. La sua rabbia contro Tremonti (semplicemente perchè era presente) ma in generale contro un meccanismo che è visibilmente inceppato e immobile. Pur non trovandomi d'accordo con parte delle sue idee, a mio parere, spesso retrogade, Bertinotti ieri sera ha detto qualcosa di molto importante: raccogliere e dare una voce (pacifica) a questa rabbia, cercando di trasformarla in energia, innovatrice aggiungerei io. Altra questione importante sollevata da De Bortoli (per il quale, sulla condivisione personale delle idee vale la stessa considerazione fatta per Bertinotti) la mobilità sociale. Il nostro è un Paese immobile, un Paese nel quale i figli degli operai potranno al massimo aspirare a diventare operai; non è idea personale questa, ci sono numerosi paper a conferma. Da dove ricominciare?Prima di tutto da noi stessi, insieme, uniti e condividendo idee e progetti. La piazza è un inizio, ma non può fermarsi lì; bisogna metterle in atto le idee. Credo che qualcosa in tal senso si stia muovendo e viene, da dove se non dai giovani, ricercatori, professori, operai, casalinghe, mamme...tutti quelli che appartengono alle classi sociali dimenticate e che sinceramente, sono stufi ed iniziano a farsi sentire!
@Luca: scusami, forse non ho afferrato, ma quali sarebbero i deboli segnali di cambiamento politico?Non credo tu ti riferisca alle Istituzioni (partiti), ma alle preferenze di voto..perchè sinceremante, le prime io proprio stento a riconoscerle...

Anonimo ha detto...

@Emanuela (come sta andando con l'alluvione?): non so cosa intendesse Scholz per deboli segnali di cambiamento politico, penso facesse riferimento a iniziative bipatisan come lo Statuto Pmi, sottolinenando però che sono iniziali, deboli, si dovrebbe fare molto di più. Come ho scritto nel post "rivoluzionario" di inizio anno, dovrebbero muoversi in molti. All'elenco che fai io (per i temi di cui ci occupiamo qui) aggiungo gli imprenditori, di tutte le dimensioni, perché sono quelli che vedono più da vicino i pericoli dell'immobilismo, e che hanno fatto molto per reagire. Il problema è che l'alleanza per spartirsi la ricchezza che bene o male è rimasta è più forte (politicamente) di quella per attaccare i punti di maggior sofferenza economica e sociale prodotti dalla crisi e al tempo stesso di rilanciare lo sviluppo attraverso il cambiamento.
Ho visto stamattina sul sito CNN i video dell'onda prodotta dallo tsunami giapponese: case (anche in fiamme), navi, detriti che dilagano nelle campagne, raggiungono strade percorse da veicoli ignari. Ho paura che dobbiamo prenderci uno spavento del genere (metaforicamente) per cominciare a muoverci.

Emanuela ha detto...

Pienamente d'accordo. Riguardo l'alluvione. Il maltempo ha provocato ingenti disastri; PMI completamente a terra, soprattutto quelle agricole. per alcune la sorte è segnata, altre sperano di rimmettersi in corsa nei prossimi mesi. il problema è aggravato dai tagli alle risorse pubbliche, per cui vedo difficile che le istituzioni locali riescano a stanziare fondi (ingenti) a sostegno di questo territorio. Una cosa però non manca, la grinta e la volontà di ripartire e lavorare!