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mercoledì 9 giugno 2010

Banca d'Italia: l'attività dei confidi in Toscana nel rapporto sull'economia regionale



Dopo la Campania, è la volta della Toscana. La Banca d'Italia conferma l'interesse che sta dedicando al settore dei confidi con ben quattro pagine (37-41) inserite nel rapporto L'economia della Toscana pubblicato ieri. Qualche passaggio:
Alla fine dello scorso anno, i prestiti complessivi che le banche erogavano in favore di imprese con meno di 20 addetti garantite da confidi erano pari a circa 2 miliardi di euro (tav. a20), il 15,8 per cento del totale dei finanzia- menti bancari a piccole imprese regionali; tale quota era lievemente superiore rispetto all’analogo dato nazionale. A livello settoriale, il ricorso ai confidi è più frequente nell’industria: i prestiti concessi a imprese assistite da consorzi fidi rappresentavano il 32,2 per cento del complesso dei finanziamenti alle imprese garantite con meno di 20 addetti.[...]
Con riferimento al costo del credito, nella media dell’ultimo trimestre del 2009 le imprese assistite da confidi fronteggiavano un tasso di interesse sui prestiti a revoca di circa 8 decimi di punto inferiore rispetto alle imprese non garantite. Il divario di tasso, che non tiene conto di possibili commissioni aggiuntive relative alla garanzia mutualistica, appare più marcato in Toscana rispetto alle altre aree del paese. Inoltre, esso si è ampliato rispetto al periodo precedente la crisi: alla fine del 2007, in un contesto di tassi mediamente più elevati, il differenziale era pari a 6 decimi di punto.
Analogamente a quanto emerge in altre realtà, anche in ambito regionale la qualità dei crediti erogati a imprese garantite da confidi ha mostrato un deterioramento più marcato rispetto al complesso delle piccole imprese. In rapporto alle posizioni che non presentavano alla fine del 2007 profili di problematicità (sofferenze, incagli, past-due) i prestiti entrati in sofferenza nel biennio 2008-09 sono stati pari al 2,9 per cento per quelli garantiti da confidi, a fronte dell’1,3 per quelli non garantiti, in linea con quanto rilevato in media nazionale. Al più elevato tasso di ingresso in sofferenza rilevato per le imprese garantite dai consorzi fidi potrebbero avere contribuito, oltre alla maggiore rischiosità, le più agevoli modalità di accesso al fondo di garanzia mutualistica, attivabile in tempi molto ristretti da parte delle banche.
Sarebbe una bella occasione per i confidi prendere spunto da queste analisi della Banca d'Italia per approfondirle utilizzando i loro dati gestionali. E' materiale per il futuro organismo gestore dell'elenco confidi.

Luca

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14 commenti:

excelsus ha detto...

Rapporto di Bankit: "Nel periodo compreso tra la fine del 2007 e il dicembre del 2009, per un campione
di imprese regionali con meno di 20 addetti e sempre presenti nella Centrale
dei rischi, il tasso annuo di crescita dei prestiti assistiti anche parzialmente da garanzia
confidi è stato del 4,4 per cento, a fronte dell'1,2 registrato per i finanziamenti alle
piccole imprese non garantite (tav. a21). Un divario analogo si riscontra sia nelle regioni
del Centro, sia nella media nazionale; a livello regionale, inoltre, il differenziale
nei tassi di variazione del credito tra imprese garantite o meno appare diffuso in tutti
i settori produttivi."
Ecco qui spiegato il ruolo dei Confidi.

Sapio ha detto...

"Anche parzialmente". Quanto parzialmente ed a quale Taeg di filiera? Con quali default, pagati da chi?

Tom ha detto...

@Sapio: A livello mondiale gli schemi di garanzia funzionano sostanzialmente con soldi pubblici. E' lo Stato che si carica l'onere di sostenere l'accesso al credito delle PMI, anche i Confidi italiani utilizzano principalmente fondi pubblici per la copertura delle sofferenze. Detto questo, credo che il tuo pensiero liberista, sia legittimo. Ma senza soldi pubblici nessun schema di garanzia al mondo è in grado di sostenere/sostenersi nel settore garanzie alle PMI. Questo vale anche per SBA o il BERR.

Sapio ha detto...

Accetto. Ma allora che si scelga un metodo efficiente e trasparente per far arrivare aiuti alle imprese. Il numero elevatissimo dei Confidi italiani dimostra che gestire un Confidi è un affare per i gestori e non per le imprese. La distribuzione degli aiuti non è trasparente e facilita il clientelismo e la distribuzione degli aiuti ai"poveri o meglio finti poveri" evasori fiscali a scapito dei soggetti meritevoli.

Tom ha detto...

@ Sapio: concordo. Il modello più efficiente (ne avevamo già discusso io e te in un precedente post) è quello di tipo tedesco, giapponese..... Un confidi per ogni regione ed un Fondo centrale di controgaranzia per i confidi regionali.........piuttosto semplice. Però chi va a dirlo agli attuali 700 confidi......

Sapio ha detto...

Quando i 700 e passa Confidi lo capiranno sarà una tragedia occupazionale. Non si potrebbe evitarla pensandoci per tempo?

Tom ha detto...

@Sapio: conosci qualche Advisor che abbia seguito una fusione tra confidi? Io si.. Contenuti surreali....un solo obiettivo poltrone e numero di consiglieri. E tu pensi sia possibile una razionalizzazione?

Sapio ha detto...

No. Cionondimeno abbiamo il dovere di auspicarla. Per il bene di tutti.

excelsus ha detto...

C'è anche chi ha già creato dei Confidi nazionali...

Tom ha detto...

@excelsus: Italia Comfidi?

Sapio ha detto...

Già un Confidi nazionale. E che cosa cambierà? Lavorerà senza mungere pantalone? O lo mungerà per tutta la nazione?

excelsus ha detto...

@sapio ... i Confidi "107" devono stare in piedi sulle proprie gambe altro che Pantalone ... l'alternativa all'applicazione di un serio piano "industriale" è la "liquidazione coatta amministrativa"...

Sapio ha detto...

Excelsus, io la penso come Tom. Senza aiuti pubblici nessun Confidi può stare in piedi perché .."l'ombrello venduto dal Confidi costa più di quello comprato in banca". Può accadere che i prenditori artigiani e le microimprese, ma solo loro, accettino di pagare il servizio di accompagnamento travestito da garanzia. Terzium non datur.

Gigi ha detto...

Septimum: non furtum facies
Bisogna distinguere: pubblico non significa inefficiente; privato non è per forza bene.
Che i confidi ricevano soldi dal pubblico va bene nella misura in cui svolgono una pubblica funzione socialmente riconosciuta.
E se lo fanno devono essere trasparenti, onesti e soprattutto i soldi vanno spesi nella maniera più efficiente possibile.
Se un confidi vuole fare business lo faccia con i suoi soldi e con un modello gestionale privatistico.
Confidi che stanno al mondo solo con il contributo pubblico per mantenere posti di lavoro sussidiati senza aiutare le imprese stanno semplicemente rubando. Ma per fortuna di questi confidi non ce ne sono. No?