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lunedì 1 marzo 2010

Anche Di Vico (Corriere) sul gesto estremo degli imprenditori



Il tema discusso per radio da Giannino è ripreso da Dario Di Vico sul Corriere di oggi. Alcuni passaggi:
Giuseppe Nicoletto, Paolo Trivellin, Walter Ongaro e gli altri caduti, rappresentano altrettanti casi di un’imprenditoria coraggiosa e battagliera che il mercato l’ha conosciuto giorno per giorno, nella sua versione più realistica e selettiva e non in quella teorico-accademica che si può tranquillamente apprendere sui manuali di management.
Sovente si tratta di ex operai che con molti sacrifici avevano coronato il sogno di mettersi in proprio e che nella loro nuova condizione di “padroni” non avevano però dimenticato nemmeno per un momento il mondo e i sentimenti da cui provenivano. [...]
Il 30% in meno di fatturato – che purtroppo è la media - non è mai diventato il 30% in meno di dipendenti. Fino all’ultimo gli artigiani si rifiutano di disfarsi dei propri collaboratori tanto da arrivare a un tragico paradosso: preferiscono uccidersi piuttosto che venir meno a quell’assunzione di responsabilità che un datore di lavoro contrae associando al suo progetto un’altra persona, giuridicamente suo dipendente. La coesione sociale, termine che non manca mai nei discorsi preparati dai ghost writer, i Piccoli la difendono così. Sulla loro pelle.
Non è dunque “il mal di Nordest”, il violento contraccolpo tra il veloce successo economico degli artigiani veneti e il rovinoso impatto della Grande Crisi, il tratto che va messo in luce di queste dolorose vicende umane. L’insegnamento da trarre per noi tutti è un altro. Va sottolineato piuttosto come nelle fragili società moderne coesistano diversi sistemi di valori.
Alcuni esercitano una forte presa sull’opinione pubblica, si affermano come egemoni, dettano i cosiddetti stili di vita. Altri rimangono sottotraccia, sono invisibili ai più, in qualche caso sono oggetto di facili ironie ma conservano caparbiamente la coerenza dei loro codici d’onore. Non è il “troppo lavoro” che ha ucciso i Trivellin e gli Ongaro ma caso mai un “eccesso” di etica. Consideriamoli e ricordiamoli, dunque, per quello che sono stati: figli di un calvinismo minore.

Esiste anche un'altra morale, che accetta il fallimento e dà le ragioni per riprendersi. Non siamo predestinati al successo o all'annientamento. E possiamo sostenerci a vicenda.

Luca
PS 3/3: Il Corriere riprende oggi in un articolo gli autorevoli commenti sui suicidi degli imprenditori veneti: il vescovo di Padova, monsignor Antonio Mattiazzo, il patriarca di Venezia, cardinal Angelo Scola, e i vertici delle associazioni datoriali della regione.

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