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sabato 12 settembre 2009

In arrivo riforma dei confidi in Abruzzo



Dal Tempo:
«[...] entro fine mese verrà portata in Giunta la nuove legge organica in materia di Confidi (Consorzi di garanzia collettiva dei fidi) per dotare il nostro territorio di un sistema capace di fare da cerniera tra il mondo che produce ed il sistema bancario». «È ormai diventata non più urgenza ma una vera e propria esigenza, 78 confidi sono troppi, la nuova legge porterà ad una riduzione notevole, saranno confidi di respiro intersettoriale e regionale, entreranno in vigore nuove regole che porteranno la Regione ad avere un sistema confidi in grado di svolgere il proprio ruolo fino in fondo». Castiglione poi si sofferma sulla Finanziaria Regionale: «la Fira dovrà svolgere un'azione di contro e co- garanzia. Si tratta di un salto di qualità e discontinuità dell'attuale sistema creditizio finanziario per coinvolgere indistintamente dai professionisti agli agricoltori, dagli artigiani ai commercianti».
Amici abruzzesi, ci raccontate qualcosa di più preciso con un commento?

Luca

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34 commenti:

Alex ha detto...

Buongiorno,
da voci di corridoio, non confermate, la riforma dovrebbe prevedere dei limiti di patrimonio, numero soci e finanziamenti garantiti, sotto i quali il Confidi non sarebbe più "abilitato" a gestire i contributi pubblici (per lo più in conto interessi)della Regione. Lo spirito della riforma è quello di incentivare (se non costringere) i Confidi a fondersi. La nuova Legge dovrebbe prevedere anche l'obbligo della competenza regionale, circa l'operatività territoriale del Confidi e l'intersettorialità per quanto attiene i soci.
Alex
p.s. seguo il blog da anni e faccio i complimenti a tutti i partecipanti.

Luca ha detto...

Grazie, Alex, delle informazioni e delle parole gentili sul blog. Da quanto riferisci, la riforma intende alzare l'asticella sopra la quale devono portarsi i confidi abruzzesi per operare con fondi della Regione. Un simile intendimento si trova, ad esempio, nella normativa della Regione Sicilia.
Cosa si aspettano i confidi abruzzesi da questo cambiamento?

Alex ha detto...

Cosa ci aspettiamo? attualmente la Regione ha veramente pochi fondi da stanziare ai Confidi, mi chiedo se questi pochi contributi possano fare la differenza in termini di operatività.
Attualmente sono in corso due fusioni importanti: a) la prima, già conclusa, ha riguardato i Confidi appartenenti alla CNA (quindi artigiani); b)la seconda sta coinvolgendo tre Confidi che ruotano nel mondo della CASA ARTIGIANI. Entrambi i neo Confidi avrebbero i requisiti dimensionali per l'iscrizione nel 107. Non si parla assolutamente di fusioni (intersettoriali) tra Confidi appartenenti ad associazioni diverse. Ci sono troppi "interessi".
Alex

Sapio ha detto...

In Abruzzo sanno cos'è il rischio di concentrazione geografico o settoriale? Se lo sanno non si preoccupano o si apprestano a fare i 107 finti, quelli che danno garanzie eligibili solo se controgarantiti dal FCG oppure garanzie non eligibili.

Alex ha detto...

Vi confermo che la bozza di Legge regionale sui Confidi prevede la competenza regionale per chi voglia gestire i contributi pubblici. Concordo con Sapio, un Confidi 107 non può limitare la sua operatività in un ambito territoriale specifico. Forse si apre qualche opportunità per i Confidi 106 che potrebbero gestire i contributi regionali, sia in conto interessi che ad incremento dei fondi rischi, a discapito dei futuri 107 che, per ragioni di "bilancio", non possono limitare la loro operatività.
Alex

Luca ha detto...

Potranno esserci dei 107 regionali, o anche provinciali (i nostri confidi trentini saranno un esempio di questo modello).
Da quanto dice Alex, i confidi con ambito territoriale circoscritto sono spesso favoriti nell'accesso a fondi pubblici "locali", il che può rappresentare un must per il mantenimento dell'equilibrio economico e patrimoniale (se le Amministrazioni locali sono ricche e generose).

Claudio D'Auria ha detto...

Alex, da quel poco che so i confidi abruzzesi sono tutti deboli. Le due fusioni porteranno veramente 2 soggetti teoricamente 107?
State già pensando (o sai se stanno pensando) a un modello sostenibile?
In genere le fusioni sono difficili da "digerire" già di per se. Se poi ci aggiungiamo pure le modifiche organizzativa per procedere alla domanda di iscrizione, la cosa diventa molto ardua.

Alex ha detto...

Claudio,
Ti confermo che in Abruzzo quasi tutti i Confidi sono debolucci tuttavia il Confidi della CNA, la cui fusione è già stata completata, e il Confidi la cui fusione è in corso, dovrebbero superare entrambi il limite dei 75 milioni. Non conosco la loro organizzazione interna.

Sapio ha detto...

Gli enti locali che vogliono essere sicuri di agevolare imprese sul proprio territorio dovrebbero usare a tale scopo i contributi in conto interessi o sconto imposte locali. Non dovrebbero invece ricorrere ai Confidi perché le agevolazioni in forma di garanzie localizzate sono suscettibili di rischio di concentrazione geografica. In pratica i Confidi sicuri dovrebbero essere pluriregionali (e plurisettoriali) e questo li rende poco idonei a distribuire interventi agevolativi localizzati.

Antonio ha detto...

Il Problema della concentrazione geografica è una chimera puramente teorica: la realtà è profondamente diversa.
I confidi che si sono mossi in territori nuovi, si sono presi i rischi che gli altri confidi territoriali non accettavano (conoscendo bene i propri polli); non a caso i confidi più grandi e sovraregionali sono quelli con maggiori problemi di patrimonio: Banca di Garanzia docet.

Sapio ha detto...

Allora tutte le banche dovrebbero rimanere locali ed invece sgomitano per allargarsi ad altre zone.

Luca ha detto...

Sapio, sono due modelli diversi (locale e inter-regionale) e, come nel caso delle banche, possono coesisitere. Sullo small business si può controllare il rischio anche a livello locale, se l'economia e la finanza degli operatori del territorio sono robuste. Diverso il caso di confidi orientati alle media (o non piccola) impresa. Nel concreto, tanto il modello locale quanto quello inter-etc hanno bisogno di aiuti pubblici e di ricavi da altri servizi (non di garanzia) per essere sostenibili.

Sapio ha detto...

Fra il 1990 ed il 2000 sono scomparsi gli Istituti di credito a medio termine (ah se ci fosse ancora l'IMI !!!) e poi le soc.tà di factoring ingoiati dalla despecializzazione bancaria. Ora tocca ai Confidi scoprire che le loro garanzie sono troppo costose per competere sul mercato. Potranno sopravvivere solamente con gli aiuti pubblici. Ma perché? Perché non tornare ai buoni, vecchi, cari, trasparenti e diretti (alle imprese)contributi in conto interessi o sconto imposte e/o contributi. Che bisogno c'è delle garanzie fittizie (sussidiarie) o controgarantite dal FCG (che può operare benissimo interfacciando direttamente le banche). Le imprese hanno bisogno di assistenza consulenziale non di aria fritta.

Luca ha detto...

Sapio: forse hai ragione, però un terzo soggetto che si assume una quota di rischio (con fondi propri conferiti dai soci) oltre a fare consulenza ci può stare bene nella filiera. Con i bilanci dei 107 vedremo più chiaramente quale modello è sostenibile, e se lo è soltanto grazie agli aiuti pubblici

Sapio ha detto...

Che possiamo fare se non aspettare (e magari trepidare come facciamo per la sorte dei 60 dipendenti di BPG)? Però volevo ricordare che non c'è un accademico, dei tanti che conosco, disposto a rischiare un cent sulla sostenibilità del modello a mercato. Distribuzione aiuti pubblici? Ma chi è il soggetto agevolato? E di quanti distributori c'è bisogno? Andatevi a guardare il sito, ormai abbandonato di BPG: una delle ultime interviste il DG diceva "Dateci le risorse, salviamo noi le imprese", ma alludeva alla sua. Il medico pietoso ... guardate quello che sta succedendo nel settore lattiero, con gli agricoltori in piazza. Nessuno ha voluto credere che c'era una sovrapproduzione i latte. Ed ora...
Siamo in tempo per riconvertire i dipendenti dei Confidi prima che siano costretti a scendere in piazza anche loro!

Luca ha detto...

Come per il sistema del credito speciale, i confidi devono affrontare cambiamenti dettati dalla normativa, e cambiamenti richiesti dal mercato. Sappiamo che partiamo da un modello di intermediazione del rischio (quello dei 106) che ha i suoi pro e i suoi contro, e che in genere regge con un mix di aiuti pubblici e di attenuazione dell'attenuazione del rischio (ovvero garanzie con escussioni trattabili). L'iscrizione a 107 obbligherà a essere realisti sul modello di equilibrio. Dove si approderà non lo so. Però non possiamo che partire dalla strada su cui i confidi si sono incamminati per effetto della normativa di oggi, per quanto discutibile. Ci vorranno dei cambiamenti di percorso, probabilmente.

Claudio D'Auria ha detto...

Sapio, cosa ti è successo?
In tanti anni che frequento questo blog non ti avevo mai letto così cupamente pessimista (e anche nostalgico).
Non è che nella "foresta pietrificata" degli anni '80 si stava meglio!
I Confidi hanno ragione d'essere - secondo me - se fanno un servizio "altro" rispetto alle banche, tipo la valutazione del merito di credito delle PMI e delle piccolissime imprese. Poi sulla sostenibilità economica, io penso che con oculate politiche (i.e. esattamente al contrario di quelle di BPG) i Confidi 107 possano stare - e bene - sul mercato. Tu puoi pensarla diversamente, ma addirittura non vedere alcun ruolo per i confidi mi sembra onestamente esagerato!

Sapio ha detto...

Claudio, nell'ultimo trimestre dell'anno scorso il Prof. Giandomenico Piatti ha pubblicato per Bancaria il libro "I Confidi, Gestione delle garanzie, redditività e pricing". A pag. 344 dice "La situazione è dirompente"... "In un sistema economico in cui le banche e i Confidi hanno identica capacità di valutazione del merito di creditizio, viene meno la ragione dell'esistenza dei Confidi". Naturalmente, aggiungo io, in pochissimi casi può accadere che le valutazioni divergano creando spazi di intervento. Ma questo, ripeto, può accadere in pochissimi casi. Ora semplifico per chi vuol capire senza perder tempo con le formule: la banca dice al prenditore "per proteggermi dal tuo rischio ho bisogno dell'ombrello, o lo compri tu da un Confidi e lo compro io all'ingrosso e tu me lo rimborsi". Dove costa meno ? Questo è il problema !

Claudio D'Auria ha detto...

Ho capito. Sei diventato pessimista leggendo il libro di Piatti.
Il problema è la premessa. Banche e confidi non hanno la IDENTICA capacità di valutazione del merito di credito. Ma la hanno diversa: le banche utilizzano sempre più algoritmi matematici, i confidi si basano maggiormente su variabili qualitative. Non credo che le grandi e grandissime banche perdano tempo e denaro a valutare un artigiano. Mentre un confidi sì.
Poi sono d'accordo con te, la banca potrebbe pure acquistare una garanzia senza bisogno del confidi, ma in Italia, storicamente ci sono i Confidi e le banche sono abituate a valutare (e a chiedere) la loro garanzia.

Sapio ha detto...

Sui Confidi artigiani sono meno pessimista perché effettivamente svolgono un meritevole ruolo di presentazione delle pratiche (il famoso accesso al credito) di prenditori piccolissimi e non attrezzati in proprio. Ma per gli altri ..., sbandierano le garanzie per attirare clienti ai loro servizi. Cioè le garanzie hanno la stessa funzione delle pin-up sulle copertine delle riviste. Ma il contenuto è diverso.
Ora un appello: chi conosce studi che contraddicono le mie convinzioni, e cioè che le garanzie costano meno in banca che dal Confidi, per favore me li indichi.

Andy ha detto...

Sulla bozza di legge reg. Abruzzo sui confidi:
1) si prevederebbero contributi sulle spese per favorire le fusioni;
2) tra i requisiti che i confidi dovranno avere per gestire le agevolazioni, vi è quello di avere un patrimonio netto, comprensivo dei fondi rischi indisponibili, non inferiore ad euro 5.000.000/00 e quello del volume di operazioni di credito garantite pari ad almeno euro 10.000.000/00, riferito all'anno precedente;
3) previsione di concesione di contributi per incremento di fondi rischi dei confidi e di contributi alle imprese in conto interessi;
4) possibilità di istituire un fondo pubblico per la concessione di cogaranzie e/o controgaranzie ai confidi a fronte di garanzie dirette prestate dai confidi; la cogaranzia verrebbe concessa nella misura massima del 40% dell'importo complessivo da garantire e non potrebbe superare, compresa la quota garantita dal confidi, il 90% dell'importo complessivo da garantire; la controgaranzia verrebbe concessa in misura non superiore al 90% dell'importo garantito dal confidi;
5) il fondo pubblico verrebbe gestito da società o enti strumentali della regione in possesso dei requisiti
5) gli aiuti sarebbero sottoposti alla categoria de minimis cui al Reg. CE n. 1998/2006

Sapio ha detto...

Un'altra cosa: chi conosce studi che paragonino Aiuti in forma di garanza con Aiuti in forma di contributi in conto interessi o sconto imposte, per favore me li indichi.
Ai politici hanno fatto credere che gli aiuti in forma di garanzia siano "migliori" di quelli in conto interessi.
Mi domando se questo è scientificamente provato.

Luigi ha detto...

Premetto che non sono un politico e non ho mai cercato di convincere un politico che gli aiuti in forma di garanzia siano migliori di quelli in conto interesse.
Semplicemnte perche non c'è ne bisogno.
Forse non ho ben capito cosa intende Sapio per studi che siano in grado di paragonare aiuti sotto forma di garanzia con aiuti sotto forma di contributi in conto interessi o altro.
Detta tutta mi sembrerebbe un esercizio forse interessante a livello teorico, ma con uno scarso potenziale di applicazione.
I 500.000 euro che metto nei fondi rischi di un confidi o di una cooperativa artigiana, se ben gestiti, hanno un effetto moltiplicatore ed una capacità di rigenerarsi evidente e tale da assicurare un'efficiacia complessiva dell'intervento pubblico ben superiore rispetto alla concessione di contributi in conto interessi o interventi similari. E penso che al di là di dimostrazioni scientifiche, in prima battuata possa bastare la calcolatrice del telefonino.
La questione vera è di come le politiche industriali delle regioni e del governo affrontano il tema dell'accesso al credito.
Perchè le scelte vanno fatte ragionando su un orizzonte più ampio rispetto alle pur affascinanti discussioni tecniche.
Mi rifiuto infatti di pensare che la garanzia rilascita da un confidi, su un fondo rischi pubblico, per l'anticipazione delle tredicesime, piuttosto che per lo sconto di una fattura, o l'anticipo di un contratto, possa essere sostituita da un contributo in conto interessi. CON I SOLDI DEI CONTRIBUENTI!
Non accade da nessuna parte e non deve accadere.
Fare politica industrile significa fare scelte, selezionare e concentrare risorse in presenza di evidenti fallimenti del mercato.
Nel caso dell'accesso al credito mi pare che le questioni siano legate più ad asimmetrie informative loccalizzate, (piccole imprese, start up - dalla pizzeria allo spin off universitario - ecc.) su particolari segmenti del sistema produttivo.
E penso che in una logica di politica industriale seria, il tema debba essere affrontato con strumenti di tipo fortemente diffusivo, ad elevato grado di riporducibilità, e che possano essere gestiti con ridotti costi amministrativi.
Lascerei le risorse più rilevanti per i grandi obiettivi di politica industriale nazionale e regionale.
Anche se capisco che parlare di politica industriale in Italia è un po' complicato da un anno e mezzo a questa parte......
Comunque se trovate qualcosa sono curioso.
In ogni caso consiglierei la lettura del Reg. CE 1998/2006 sugli aiuti di importanza minore "de minimis" laddove sul tema delle garanzie viene stabilto che 1.500.000 euro di garanzia valgono 200.000 euro di contributo. Il conto mi pare facile.

Sapio ha detto...

Bene, partiamo da 1.500.000 E di garanzie = 200.000 E di contributo. Che significa ? Che l'impresa che riceve la garanzia ha un beneficio economico di 200.000 E ed il garante una pari spesa. Ma 1,5 mil è capitale, i 200 kE sono costi o ricavi. Il rapporto che i politici fanno e illude è 1.500.000/200.000=7,5, (alcuni arrivano a dire che può diventare 20) ma sono pere diviso mele. Ma allora se dare una garanzia di 1,5 mil uquivale a dare all'impresa un beneficio di 200 kE dov'è la differenza? E' nel costo di distribuzione dell'agevolazione! Nel secondo caso, contributo in conto interessi, è molto più basso che nel primo perché c'è solo una valutazione (o se volete solo una burocrazia), quella della banca. Perché in Campania ci sono più Confidi che in Francia? Perché a gestire un Confidi le alte burocrazie ci guadagnano.

Sapio ha detto...

Luigi, inoltre dice:"Mi rifiuto infatti di pensare che la garanzia rilascita da un confidi, su un fondo rischi pubblico, per l'anticipazione delle tredicesime, piuttosto che per lo sconto di una fattura, o l'anticipo di un contratto, possa essere sostituita da un contributo in conto interessi. CON I SOLDI DEI CONTRIBUENTI!
Non accade da nessuna parte e non deve accadere
"
Il fondo rischi pubblico non è formato con i soldi dei contribuenti? E allora?

Luca ha detto...

Sapio e Luigi, il discorso si fa complesso, e interessante. Lo porto in un post apposito, quindi andate là con i vostri commenti se volete proseguire nel dibattito.

Luca ha detto...

Alex, grazie delle informazioni sulla bozza di normativa. La prima impressione è che si voglia mettere troppa carne al fuoco: apporti a fondi rischi, abbattimento tassi, contributi alle fusioni e, soprattutto, fondo regionale di contro-garanzia. Quest'ultimo rischia di essere un salvadanaio facilmente svuotato, specie se lavora con una quota di copertura così alta (90%). Sarebbe più efficace convenzionarsi col "nuovo" fondo centrale Pmi, co-finanziarne il fondo rischi cash per le pratiche abruzzesi (gli apporti a tale fondo oggi sono circa il 12% del valore delle nuove esposizioni co- e contro-garantite dal Fondo) e portarsi a casa come bonus la ponderazione zero (limitatamente alle garanzie a prima richiesta). I confidi abruzzesi sarebbero interessati a questa filiera?
Un fondo regionale gestito da soggetti in house richiede poi organizzazione e procedure non banali, che generano costi e soprattutto ritardi.

Sapio ha detto...

Allora tanto per rinfocolare il dibattito che langue (sic), questo è il mio pensiero, costantemente espresso da quando partecipo a questo blog:
1) Confidi a mercato (senza fondi pubblici), come garanti non hanno futuro (l'ombrello costa meno in banca che acquistato da loro). Hanno invece un futuro come consulenti delle imprese. Già lo fanno molte associazioni di categoria anche tramite patners (es. Consorzio Cosvig).
2) Confidi agevolatori (tramite fondi pubblici) hanno un futuro fino a quando gli enti erogatori (Regioni) non rinsaviranno e torneranno ai meno costosi, da distribuire, contributi in conto interessi.
Bnche: desiderano il potere commerciale dei Confidi, non le loro, sempre più inutili garanzie. Le piccole banche non hanno ancora capito le conseguenze economiche di Basilea2, ma lo capiranno. E se non lo capiranno prima o poi si celebrerà una qualche fusione (cioè l'equivalente bancario dei funerali).

Sergio ha detto...

per Sapio: dalle tue ultime considerazioni (che non condivido) penso che tu lavori in una banca, anzi in una grande banca, mi sbaglio?:
Punto 1) I confidi scompariranno quando le banche agiranno in maniera corretta e trasparente verso le aziende (siamo lontani anni luce soprattutto in Italia: pensiamo ai derivati): la teoria è una bella cosa, la realtà è un'altra.
Punto 2) I contributi in conto interessi servono solo a fare proselitismo politico: non si aiuta chi ha bisogno ma si danno soldi a pioggia a tutti (soprattutto a chi non ne ha bisogno: quante aziende hanno preso mutui a tassi agevolati per investimenti già fatti (che avrebbero fatto comunque) ed hanno poi investito questi soldi per fare semplice rendita finanziaria!).

Luca ha detto...

Aggiungo al dibattito un elemento fattuale: nelle misure anticrisi varate dal alcune Regioni, sono previsti i contributi ad abbattimento dei tassi come misura complementare rispetto ai fondi di garanzia. E' un dato che fa riflettere: forse le garanzie non riducono in misura apprezzabile il costo del credito, ma piuttosto servono per attenuare il suo razionamento verso i soggetti meno robusti.

abruzzo ha detto...

Mamma mia quanti pessimisti. Non va bene mai nulla. Ma come hanno fatto i Confidi a svolgere il proprio lavoro per 50 anni? E lo svolgono ancora. Chiedete agli imprenditori se servono o meno e qual'è il loro rapporto con gli operatori Confidi. Svolgono una funzione sociale oltre che economica. La riforma abruzzese va benissimo prima di tutto perchè li riduce a 10 e poi i fondi come sempre si troveranno. Inoltre le banche vogliono le garanzie altro che potere commerciale, le escussioni stanno avvenendo ma non al ritmo che si prevedeva. Guardate che i Confidi hanno anche una grande capacità di controllare il rischio portafoglio meglio delle banche. Consiglio molto front office.

Luca ha detto...

Non so interpretare il commento precedente: esprime la posizione dell'Amministrazione regionale dell'Abruzzo? A prescindere da questo, non mi pare che il dibattito aperto qui sopra sia improntato a pessimismo e negatività: sono osservazioni tecniche, possono contribuire a indirizzare più efficacemente i fondi (colgo l'occasione per dire che ho fatto avere commenti più puntuali sulla bozza di provvedimento ricevuta in via riservata).
La notizia riguardava l'Abruzzo, e stiamo parlando di questo disegno di riforma, ma le stesse considerazioni le abbiamo fatte sulle misure di altre Regioni.
Penso di conoscere il settore dei confidi anch'io: sento troppo spesso l'obiezione che la tecnica non conta nulla perché i confidi svolgono una funzione sociale e quindi meritano il patronage politico che li tutela ("i fondi come sempre si troveranno"). Nessuno è in grado di dire come evolverà la crisi, quindi non si può dire che il quadro è nero, ma nemmeno che siamo sicuri al 100% di poter tamponare la crisi con le risorse che abbiamo. Discutere apertamente è un aiuto prezioso per il livello tecnico, ma anche per il livello politico.

Nicola ha detto...

La bozza di legge di riforma confidi Abruzzo prevede sia apporti pubblici ai fondi rischi dei confidi, sia la possibilità di istituire un fondo regionale di contro-garanzia che coprirebbe fino al 90% dell'importo garantito dai confidi.
A questo punto mi vengono spontanee delle domande: se i confidi finiranno per rischiare poco o nulla del proprio patrimonio (il rischio verrebbe di fatto trasferito quasi per intero sul fondo regionale)quanto dovrebbe costare realmente all'impresa la garanzia rilasciata dal confidi, anche al fine di assolvere la sbandierata funzione sociale?
Con una legge così, ai confidi abruzzesi che ne avranno le condizioni converrà allora trasformarsi in soggetti vigilati?

Sergio ha detto...

Qualcuno sa dare una stima (anche molto approssimativa) di quante garanzie sono erogate in Abruzzo in un anno e quanto sono le dipsonibilità stanziabili per il fondo regionale di controgaranzia