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sabato 13 giugno 2009

Le città invisibili



Ieri ci ha fatto visita a Trento Salvatore Vescina, del Ministero dello sviluppo economico. Salvatore mi ha invitato a un seminario nell'aprile 2007, e da allora collaboriamo su temi legati ai sistemi di garanzia. Ho colto l'occasione di un incontro organizzato dalla nostra Provincia autonoma sulle politiche di rafforzamento patrimoniale per ricambiare l'invito. Il suo intervento, molto apprezzato, trattava dei programmi pubblici per lo sviluppo del private equity, e in particolare del Fondo Hi-Tech per il Mezzogiorno.
Nelle chiacchierate che hanno preceduto e seguito il convegno, ci è capitato di ricordare un passaggio da "Le città invisibili" di Italo Calvino
Già il Gran Khan stava sfogliando nel suo atlante le carte delle città che minacciano negli incubi e nelle maledizioni: Enoch, Babilonia, Yahoo, Butua, Brave New World.
Dice: - Tutto è inutile, se l'ultimo approdo non può essere che la città infernale, ed è là in fondo che, in una spirale sempre più stretta, ci risucchia la corrente.
E Polo: - L'inferno dei viventi, non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.
Il secondo modo è raccomandato in tutte le situazioni, a problemi piccoli e grandi, locali e globali, personali e politici.

Luca

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