aleablog

mercoledì 11 marzo 2009

Carbonato (Unione industriali Torino): non scordiamoci delle medie



Da una news ASCA
Gli imprenditori torinesi avanzano innanzitutto la proposta di una Tremonti ter, in altre parole un provvedimento di incentivazione fiscale degli investimenti.
'Sarebbe auspicapile - ha detto oggi il presidente dell'unione industriale di Torino Gianfranco Carbonato - perche' gli investimenti non sono diretti soltanto all'aumento della capacita' produttiva, ma anche per migliorare la competitivita' delle imprese''. Da una indagine dell'Unione industriale di prossima diffusione sul rapporto con il credito emerge infatti che malgrado la congiuntura il 27,8% delle imprese ha bisogno di finanziamenti o agevolazioni perche' vuole investire. Quanto alle medie imprese Carbonato ha ricordato che ''sono figlie di un dio minore, ne' coperte dai Confidi ne tanto grandi da farsi sentire''. Occorre, ha detto, una moratoria sulla quota capitale dei debiti bancari fino a 18 mesi.
Sì, Carbonato ha ragione: gli aiuti diretti e in forma di garanzia sono tagliati su imprese a cui bastano le centinaia di migliaia di euro. Ci sono imprese a cui servono i milioni (non i miliardi) che rischiano di essere razionate perché non hanno canali specifici oltre a quello bancario, molto cauto ad esporsi su rischi industriali di questa entità ma al tempo stesso non abbastanza grandi da essere sotto l'ombrello degli aiuti ai too big to fail. Occorre una riflessione profonda. Non basta "gonfiare" la taglia degli aiuti sugli schemi pensati per le piccole, ad esempio dare mutui chirografari garantiti dai confidi di 2 milioni anziché di 200mila. Rischiamo di far saltare il canale delle piccole col rischio di concentrazione. Qui serve, forse, qualcosa di nuovo, forme di equity financing, finanziamenti ibridi, o altro (avete delle idee?). Ma anche gli intermediari finanziari devono reinventarsi. Oggi abbiamo le divisioni di corporate banking e le finanziarie di private equity, i fondi sovrani che hanno certe competenze e tradizioni, Qui serve un investitore fedele e paziente che scommette sul valore dell'azienda alla fine della recessione. Non è un bel gioco, perché non è detto che duri poco (anzi, non si sa quanto dura). Se ci fossero questi soggetti, li si potrebbe accompagnare con fondi pubblici destinati all'equity.
Comunque, ribadisco, non facciamo un unico minestrone di rimedi anti-crisi da servire al micronegozio così come alla multinazionale tascabile.
Luca

Stampa questo post

2 commenti:

sapio ha detto...

Ma se il socio occulto stato non riesce a farsi pagare le imposte riuscirà il socio palese a farsi pagare i dividendi?

Luca ha detto...

In quel caso il medio imprenditore dinamico dovrà arrangiarsi