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mercoledì 29 ottobre 2008

From Black-Scholes to black hole: le falle della vigilanza sulle US investment banks. Colpa di Basilea 2?


Tra gli imputati della crisi troviamo al primo posto il sistema di supervisione bancaria degli USA, che avrebbe lasciato troppo libero il settore dell'investment banking. Ho cercato una documentazione sintetica sull'argomento, e ho trovato questa testimonianza al Senato USA resa nel giugno 2008 (due mesi dopo l'insolvenza di Bear Stearns) da Erik Sirri, Director della Division of Trading and Markets, U.S. Securities and Exchange Commission. Sì, perché era proprio la SEC a sorvegliare su base consolidata i maggiori player dell'investment banking: Bear Stearns, Goldman Sachs, Lehman Brothers, Merrill Lynch e Morgan Stanley. Costoro partecipavano dal 2004 al CSE (Consolidated Supervised Entities), un programma volontario di controllo prudenziale della SEC. Un programma molto sofisticato, che applicava le nuove regole di Basilea 2 fissando un coefficiente di solvibilità minimo rafforzato dall'8% al 10%. Un programma di applicazione non semplice, dato che molte controllate erano entità regolate da altre autorità USA, regolate da giurisdizioni estere, o non regolate del tutto (di queste, molte in centri off-shore). Un quadro farraginoso, dove gli arbitraggi regolamentari e l'elusione dei requisiti prudenziali sono facili (peraltro hanno eluso alla grande anche le bank holding companies vigilate dalla Fed con le SIV, vedi questa analisi impietosa di Roubini)
La SEC aveva tutti i giorni scambi di informazioni con le big five sulle esposizioni al mark-to-market, il value-at-risk (applicato a fini di vigilanza) e i buffer di liquidità. I primary broker-dealers, che sono le divisioni più importanti e critiche per il buon funzionamento dei mercati, sono sorvegliate anche da un organo di auto-regolamentazione, il FINRA.
Sirri sottolinea le seguenti specificità del programma CSE (la sottolineatura è mia):
While maintaining broad consistency with Federal Reserve holding company oversight, the CSE program is tailored to reflect two fundamental differences between investment bank and commercial bank holding companies. First, the CSE regime reflects the reliance of securities firms on daily mark-to-market accounting as a critical risk and governance control. Second, the design of the CSE regime reflects the critical importance of maintaining adequate liquidity for holding companies that, until recently, did not have access to an external liquidity provider.
Ecco dove si è aperto il buco: nel trattare esposizioni creditizie originate per essere poi cedute come posizioni di trading su mercati liquidi, e quindi valutarle secondo un approccio di rischio di mercato. Nel trading book il rischio di una singola posizione è eliminabile chiudendola o coprendola. Se ci sono mercati liquidi su cui farlo, allora il capitale richiesto è commisurato alla perdita potenziale tra il momento in cui il rischio si manifesta e quello in cui la posizione viene chiusa. Si presume di poterlo fare in pochi giorni. E' questo l'approccio dei modelli VaR classici, a cominciare da RiskMetrics. Modelli che funzionano in mercati perfetti, habitat ideale per strategie dinamiche di trasformazione dei rischi alla Black e Scholes.
Un simile impianto di vigilanza applica a livello di sistema un approccio al rischio che potrebbe al limite funzionare per un singolo trader molto sveglio, ma non certo per un mercato che accumula migliaia di miliardi di esposizioni: chi se le tiene fino a scadenza quando tutti le mollano? Per questo equivoco, si è aperto il buco nero dal quale sono passati i rischi poi degenerati in perdite trilionarie.
I buchi di Basilea sono questi, e più che il credit risk riguardano il trattamento del market risk e del rischio controparte su derivati, regolato dall'emendamento di Basilea 1 del 1998 (quello che ammetteva i modelli VaR a fini di vigilanza). Basilea 2 ha cercato di stringere sulla possibilità di gestire nel trading book posizioni illiquide (con proposte di ulteriori restrizioni), ma è troppo tardi. Le regole di Basilea 2 sul credit risk, anche quelle basate sui rating interni, rimangono ragionevoli, perché assumono la detenzione del credito fino a scadenza. Si possono aggiustare nei loro effetti prociclici con tecniche di dynamic provisioning (sull'esperienza spagnola), ovvero con accantonamenti rafforzati nei periodi di vacche grasse, ma di fatto già lo si dovrebbe fare con Basilea 2 utilizzando rating a lungo termine, che assumono perdite attese tarate sui tassi di default medi, più alti di quelli osservati negli anni buoni. Il punctum dolens delle regole sul rischio di credito è, ovviamente, nel trattamento delle cartolarizzazioni basato sui rating, ma qui sono le Agenzie che si sono scavate con le loro mani la buca in cui poi sono cadute, apponendo il prezioso sigillo tripla A, un tempo riservato ai nomi più solidi, alle senior CDO, pacchi di robaccia imballata in altra robaccia. L'imballaggio avrebbe dovuto resistere a shock estremi, ma è andata diversamente.

Luca
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