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mercoledì 10 ottobre 2007

Cultura (giuridica) moderna



Due episodi che mi hanno fatto pensare:
  • Chiara, la mia maggiore, ha preso la maturità classica all'ottimo Liceo Prati di Trento; metà della sua classe (quasi tutti i migliori elementi) si è iscritta alla pure ottima Facoltà di giurisprudenza di Trento;
  • a Bari,al convegno Fidindustria, ho conosciuto diversi bravissimi avvocati che partecipano attivamente alla vita dell'Associazione degli industriali, non soltanto come consulenti, ma pure nei CdA e nelle Commissioni.
Le professioni legali conservano un grande appeal per le persone di talento. Anche nelle facoltà di economia abbiamo ottimi studenti, ma certo sono di meno quelli che ci scelgono per motivi vocazionali.
La cultura giuridica applicata all'economia oggi ha un'importanza vitale, specialmente in Europa, dove la regolamentazione è dappertutto. Attualmente, uno studente di economia fa di norma tre corsi obbligatori: diritto privato (civile), pubblico (costituzionale) e commerciale. Chi sceglie i percorsi per la libera professione completa con tributario, fallimentare, industriale, amministrativo. Dal canto suo, uno studente di giurisprudenza fa un esame di economia (politica). Per motivi che non conosco, non segue di norma corsi di management. Si sono di recente sviluppate aree di intersezione, come l'analisi economica del diritto, legata alla new institutional economics.
Da laureati, tutti e due affrontano problemi sulla frontiera tra diritto ed economia, e spesso hanno bisogno delle competenze del campo opposto. Questo scambio avviene sotto forma di più o meno ricche consulenze tecniche e legali. E' un modo di affrontare i problemi molto costoso, in termini di soldi e di tempo, ma quando si producono, si interpretano e si applicano leggi e norme, il costo non è un problema (non solo in Italia). De minimis non curat praetor.
Non pretendo di indicare ai giuristi la via per capirne di più delle nostre materie, sebbene un piccolo corso di ragioneria o di organizzazione aiuterebbe a vedere il loro futuro lavoro di avvocati, magistrati, notai, dirigenti pubblici anche in termini di efficienza dei processi (non solo di bravura dei singoli e di compliance). Mi sono fatto, invece, un'idea del diritto che servirebbe ai "nostri" studenti. Prima di tutto una didattica diversa, basata non su corsi istituzionali, ma su problemi e casi. Un esame giuridico "costa" sempre qualche centinaio di pagine, nelle quali si percorre in maniera esauriente l'albero di un dato contesto normativo (la costituzione, o il codice civile, o il TUIR, ecc.). Vorrei programmi più selettivi, dove si passano le conoscenze essenziali aggregate per problemi: creare un'azienda, in che forma? Realizzare un'opera, per chi? Un soggetto privato? Un soggetto pubblico? Perché non spiegare fianco a fianco gli istituti del diritto civile e di quello amministrativo? Si capirebbero meglio tutti e due.
Mi rendo conto che una simile proposta sarebbe un vulnus alle tradizioni accademiche e professionali dei giuristi italiani. Ma è quello che serve. Vale la pena di lavorarci insieme.

Luca

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