aleablog

sabato 7 luglio 2007

La strategia cavouriana del nuovo mega-confidi industriale



In occasione dell’Assemblea Federconfidi, si è svolta venerdì scorso a Roma la conferenza stampa (cito dal comunicato) per l’annuncio del progetto di fusione tra Unionfidi Piemonte, Confidi Province Lombarde e Confidi Sardegna, un processo di aggregazione che determinerà, entro l’autunno, una fusione capace di dar vita al più grande Confidi privato italiano, uno dei maggiori d’Europa.
Il nuovo Confidi avrà infatti più di 16.000 associati ed un patrimonio di circa 90 milioni di euro; presenterà un monte di garanzie in essere per oltre 1,6 miliardi di euro, a fronte di finanziamenti per circa 3 miliardi e mezzo di euro. La struttura avrà una presenza diretta, con propri uffici, in cinque regioni: Piemonte, Lombardia, Sardegna, Liguria e Basilicata, con possibilità di operare sull’intero territorio nazionale, anche in collaborazione con Confidi locali della stessa matrice. La sede sarà ubicata a Torino e il presidente della nuova entità sarà il prof. Giuseppe Russo.
L'unificazione dei confidi segue in questo progetto lo stesso percorso dell'unità d'Italia: Sardegna, Piemonte, Lombardia. Siamo alla seconda guerra d'indipendenza, con qualche resistenza nella Lombardia non metropolitana, dove compete il Confidi Lombardia. Ci sarà una spedizione dei mille (coadiuvata da accordi con "Confidi locali della stessa matrice") per l'espansione nel Mezzogiorno? Il Triveneto sembra al momento ben difeso. E Roma?
Annoto per curiosità questi corsi e ricorsi storici, in attesa di conoscere qualcosa di più sul piano industriale di questo nuovo protagonista del settore.

Luca

Stampa questo post

6 commenti:

riccardo barbieri ha detto...

Ritengo che uno dei temi prioritari in caso di fusioni sovraregionali, sia la gestione dei fondi pubblici di garanzia di pertinenza (sia già acquisita che da acquisire post fusione)di ciascun confidi. Mi pare che la fusione in oggetto prediliga la formula del preliminare passaggio a capitale sociale (aumento gratuito) dei vecchi fondi ex comma 881 della finazniaria 2007. Tuttavia si avverte la necessità di creare, contrattualmente ed in termini compatibili con la legge, una sorta di blindautra dei fondi pubblici di ciascun confidi: quelli già acquisiti perchè in caso contrario si avrebbe un pericoloso uso collettivo di fondi prima gestiti territorialmente; quelli futuri, perchè le regioni saranno più disposte a sostenere interventi a chiara identificazione territoriale (per intenderci, la Lombardia potrebbe essere contraria a sostenere un fondo rischi che va a coprire interventi di altre regioni, e così via).
Tale scelta di tutela delle regionalità riguarda per esempio il mio progetto di aggregazione dei cooperfidi.
Saluti,
Riccardo Barbieri

Luca ha detto...

Sì, ha ragione, è molto complicato conciliare gli obiettivi dei confidi risultanti da grosse aggregazioni con quelli degli enti pubblici sponsor: il patrimonio del confidi deve essere unitario per garantirne la solvibilità, mentre gli enti pubblici hanno obiettivi di controllo selettivo della destinazione dei fondi che conferiscono. Penso che la soluzione si possa trovare in strutture di garanzia di tipo segmentato, nelle quali l'ente pubblico concluda dei contratti di risk transfer con i quali ottiene certi vantaggi (ad esempio, un dato volume di credito per le Pmi della regione a condizioni di costo vantaggiose dato il rating) in cambio dell'assunzione di un certo rischio, anche questo valutabile. Se si procede sulla strada della trasparenza, gli enti pubblici saranno più disponibili a conferire risorse finanziarie in pool di rischio interregionali. Un punto da mettere a fuoco subito riguarda il pricing della garanzia: se nel pool entrano esposizioni con rating (e perdite attese) molto diverse, a fronte di una struttura di commissioni a prezzo politico (sottocosto e indifferenziate per rischio), c'è una forte remora a consolidare i rischi in un unico pool da parte dei portatori di interessi dei settori e delle regioni in cui la qualità del credito è migliore; inoltre questa indifferenziazione determina effetti di opacità della sovvenzione equivalente ai fini degli aiuti di Stato; si dovrebbero quindi richiedere commissioni più elevate sulle esposizioni con rating peggiore, oppure allocare esplicitamente una quota di risorse maggiore per unità di credito garantita (cioè applicare un moltiplicatore più basso) a fronte delle esposizioni di qualità peggiore; il maggior costo della garanzia sui rating bassi dovrebbe essere coperto dalle stesse imprese beneficiarie (che già pagano ai confidi commissioni ingenti nelle regioni centro-meridionali) oppure dalle regioni, che possono attingere ai fondi strutturali dell'UE, sfruttando anche le maggiori intensità di aiuto di Stato normalmente consentite nelle aree in cui il rating medio è più basso. Ci sono ancora tanti aspetti da approfondire, però.

bartolo mililli ha detto...

Queste megafusioni mi preoccupano come quelle avvenute recentemente nel sistema bancario. Qualcuno ne ha visto utilità? Ci sta scomparendo il Bds sotto i piedi....Banca storica e presente in tutti i 400 comuni dell'Isola...penso stia facendo una fine ingloriosa, proprio la Banca che, vi ricordo, batteva moneta! Unicredit, mi risulta, ha già impartito disposizioni rigide sul credito alle imprese isolane, specie le più deboli finora cmq assistite. Pare che i mutui della Sicilia saranno deliberati in ROMANIA!! Certe cose non le capisco o forse, meglio, voglio far finta di non capirle. Facciano pure le loro fusioni, ma non dicano che le fanno per facilitare il credito alle imprese. Saluti

Luca ha detto...

Caro presidente, gioie e dolori della globalizzazione: l'istruttoria del mutuo in Romania fa il paio con il call center delle compagnie aeree in India. Certo che fa impressione!
Sulla Sicilia, e sul Mezzogiorno: è un fatto che di banche autoctone non ne esistono quasi più, tranne le BCC e poche altre. Si potrebbe dire che gli amministratori delle banche meridionali, quando erano autonome (è passato qualche anno), non hanno fatto il massimo per gestirle in maniera sana, tant'è che le reti principali sono state rilevate da gruppi del nord con interventi di salvataggio (e il prezzo pagato è stato spesso esiguo rispetto al valore di avviamento delle reti stesse). Inoltre, l'economia del Sud è vulnerabile agli shock macroeconomici e alla discontinuità dell'intervento pubblico e, salvo eccezioni locali, non ha raggiunto un equilibrio che si autosostiene. Non è facile tenere in piedi delle banche regionali in un contesto del genere.
Per queste ragioni, i confidi meridionali hanno una grossa responsabilità, come agenti di cambiamento virtuoso nel mondo delle imprese e come interlocutori forti di banche altrimenti lontane.

bartolo mililli ha detto...

Gent.mo Prof. ho trovato il video sull'assemblea federconfidi del 6 luglio. http://www.radioradicale.it/scheda/230225/assemblea-federconfidi Colgo l'occasione per salutarla cordialmente.

Luca ha detto...

Grazie della segnalazione!