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martedì 12 dicembre 2006

Pianificazione fiscale e finanziaria



Volevo tornare sul tema della consulenza alla pianificazione finanziaria nelle PMI, sollecitato da alcuni spunti che Michele Tavernini, relatore al nostro seminario di approfondimento, ha espresso a margine della sessione di lavoro. C'è una profonda convergenza tra gli obiettivi del progetto Smefin e quelli di molti esponenti del mondo della professione. Il commercialista sente il bisogno di svincolare la consulenza e l'assistenza alle imprese dal solo comparto fiscale e questo mutamento è generato anche da precise istanze che provengono dal lato della domanda, cioè dei clienti. La struttura imprenditoriale italiana ha una grande "fame" di crescita in termini dimensionali delle imprese. Questo comporterà sicuramente una diminuzione nella numerosità delle aziende presenti sul territorio. Forse i migliori saranno anche quelli che meglio avranno interpretato l'attività di pianificazione e controllo. Il vero problema, però, è che spesso l'Amministrazione Finanziaria attraverso una gestione "schizofrenica" della leva fiscale compromette seriamente le possibilità e le potenzialità di crescita delle imprese impedendo di impostare un adeguato processo di pianificazione. Che pianificazione si può attuare se le norme fiscali e amministrative, che condizionano pesantemente le scelte dell'impesa e il successo dei progetti di investimento correlati, mutano in continuazione?
Nel nuovo scenario disegnato da Basilea 2, il peso della gestione fiscale dovrebbe ridimensionarsi a favore di quella finanziaria. La questione centrale diventa, come già espresso in questo blog di Luca Erzegovesi e ribadito in molte altre occasioni, la corretta impostazione di un processo integrato di pianificazione fiscale e finanziaria per stabilire il punto ottimo nel quale i benefici del debito sono superiori ai suoi effetti negativi.
Flavio A

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1 commento:

Carlo ha detto...

Un modesto contributo all'intervento di Flavio.
Due osservazioni:
pianificazione finanziaria: mi capita spesso di esaminare modelli molto sofisticati di pianificazione finanziaria che però non considerano in maniera adeguata la dinamica reddituale e la performance economica dell'impresa. In altre parole, specialmente se il "pianificatore" è di matrice finanziaria e non industriale, si tende a concentrarsi sulle scelte di struttura finanziaria, dimenticando il contributo che fornisce la dinamica economica dell'impresa. Ad esempio, non si valutano le ricadute finanziarie e di performance generale di un cambio di struttura dei costi dell'azienda come conseguenza di variazioni del modello di business decise dall'imprenditore. Questo approccio genera spesso nello stesso imprenditore la mancanza di consapevolezza che l'attività d'impresa genera quotidianamente con la sua attività conseguenze di tipo economico e finanziario strettamente correlate; di conseguenza, si tende spesso ad individuare soluzioni ai "problemi" finanziari solo nella sfera del coefficiente di indebitamento, tralasciando tutti gli interventi sull'area economica che in moltissimi casi sono quelli necessari.
controllo: il vero problema, a mio parere, del processo di pianificazione, soprattutto se inerente una PMI, è la successiva fase del controllo. Il modello elaborato finisce troppo spesso a supporto di una "pratica" di richiesta di credito o di fido fatta alla banca e non costituisce uno strumento operativo per l'imprenditore, generando per altro il rischio che la realtà operativa dell'azienda si discosti in modo rilevante da quella descritta dai numeri del piano finanziario. Il controllo è difficile per molti motivi: la mancanza di cultura all'interno dell'impresa, la mancanza di strumenti e di un sistema informativo in senso lato disegnato per fornire informazioni a supporto del processo di controllo, la componente organizzativa del controllo direzionale, ecc. Credo però che un cambiamento sia necessario; in un mondo ideale, se fossi il conferitore di capitale di debito di una PMI vorrei monitorare gli scostamenti dal piano che la stessa mi ha presentato almeno trimestralmente! Probabilmente la gestione stessa del rischio da parte della banca sarebbe molto più efficace, anche se forse un po' meno efficiente di quanto non sia nella pratica attuale.